OMELIA NELLA FESTA DELLA S. FAMIGLIA “B”

La liturgia ambrosiana celebra oggi la festa della famiglia di Nazareth. Ed è proprio a questa speciale famiglia che affidiamo tutte le nostre famiglie, perché imparino a crescere “in sapienza e grazia” come ci dice il vangelo che abbiamo appena ascoltato, crescano nella pace, come condizione perché tutta la famiglia più ampia, quella cristiana e  umana possa raggiungere e sperimentare il bene della pace.

Se non c'è pace in famiglia, è vano e illusorio pretendere che il mondo possa sperimentare la pace.
La Parola di questa festa ci invita a riflettere sulla realtà della famiglia a partire dall'episodio di Gesù smarrito nel tempio.
Gesù dodicenne che rimane nel Tempio, a Gerusalemme, all’insaputa dei suoi genitori, i quali, stupiti e preoccupati, ve lo ritrovano dopo tre giorni mentre discute con i dottori. E alla madre che gli chiede spiegazioni, Gesù risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” In queste parole sembra che ci sia un tono di rimprovero. Ed è anche interessante che nel brano si trova pure scritto “essi non compresero la parola che aveva detto loro”. Non compresero. E anche noi facciamo, a volte, tanta fatica a comprendere noi stessi, gli altri, l mondo.
“Essere nelle cose del Padre”: qui sta la missione di Gesù, qui sta l’identità di Gesù.
E noi, in forza del nostro battesimo, abbiamo ricevuto la stessa vocazione di Gesù, la stessa chiamata che è quella di “essere con Dio” e come Gesù nelle cose “del padre”, nella sua volontà, nel suo disegno d’amore per noi e per tutti gli uomini. Qui sta il cuore della nostra fede, del nostro essere qui sta sera e del nostro vivere quotidiano: ogni nostra scelta deve esprimere i frutti di questa radice profonda, di questo albero che è Gesù.
Il Papa, l’altro ieri diceva: “La fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento. Siamo davanti ad una profonda crisi di fede”. Forse non in maniera così grave, ma anche da noi stiamo vivendo questa fatica.
Cosa deve fare la Chiesa? Cosa dobbiamo fare noi cristiani?

Per rispondere continuiamo la lettura del Vangelo.
I genitori di Gesù non capiscono quello che stava avvenendo. “E Gesù scese dunque con loro”. Il verbo «scese» è interessante. Gesù che scende con la sua incarnazione e prende dimora in questa storia contrassegnata dal nostro limite: tocca con mano anche il limite dei suoi genitori, e non per questo fugge via.
Oggi più di ieri, davanti alla nostra debolezza e quella degli altri, davanti al nostro limite e quello degli altri siamo tentati di scappare via. Scendiamo con loro. Misuriamoci con la vita, così com’è. Questa è la legge dell’incarnazione. “Gesù stava con loro”.
Cosa dobbiamo fare noi cristiani? Cosa fare perché la fede segni ancora la nostra vita personale e comunitaria?
Se Gesù  “sta con noi”, nelle nostre scelte, nella nostra vita, ne diviene quasi automatico farlo conoscere, portarlo nel mondo: “Scendiamo anche noi”. E lo possiamo fare con la nostra vita, attraverso le nostre scelte, il nostro modo di condividere, di accogliere …. Come diventa preziosa la prossima Missione Popolare … permettere a Gesù di “scendere”, di “entrare” tra noi. Ridare una nuova vitalità, un nuovo slancio alle nostre famiglie. Tutti dobbiamo divenire missionari per comunicare “le cose del Padre”.
I gruppi di ascolto del Vangelo, hanno preso il via con entusiasmo. Quasi 400 persone “sono scese” e insieme hanno riflettuto sulla Parola. Ma molti altri non hanno avuto il coraggio o il tempo di “scendere”, sono rimasti tranquilli e chiusi nella loro illusione di sapere.
Ecco, Mmissionari siamo noi, se proponiamo se invitiamo a questo incontro con la Parola,
Ho trovato un simpatico significato che fa derivare la parola “sposi” dal latino sponsor.
Non so se giusta come traduzione, ma mi è piaciuto: cosa dire a voi sposi? “siate sponsor”, cioè siate la “pubblicità” dell’amore di Dio in ogni istante, quando la vita è gustosa o piccante, o quando il boccone é amaro o difficile da digerire. Siate lo “sponsor” di quell’Amore con la A maiuscola che vi siete giurati davanti all’altare. Questo Amore ha un volto: è il volto di Dio, a immagine e somiglianza del quale siamo stati creati. Questo è il compito del missionario: far conoscere il volto di Dio e il suo amore per noi.