La storia degli Incontri mondiali delle famiglie affonda le sue origini in un’epoca, di cui sicuramente abbiamo un segno indelebile dentro i cuori, nel momento in cui ci fermiamo a riflettere sulla persona che ha desiderato e voluto che nascessero queste nuove esperienze di chiesa del terzo millennio, vale a dire il Beato Papa Giovanni Paolo II.
Molte delle famiglie che ora si apprestano ad accogliere questo nuovo invito, in casa nostra, per il VII incontro mondiale delle famiglie, hanno ancora nel cuore e nella mente i segni di esperienze forti, vissute da giovani nelle Giornate mondiali della gioventù.
Nell’ormai lontano 1994, l’occasione dell’anno interazionale della famiglia portò a proporre il primo appuntamento, che si tenne a Roma. Quindi l’iniziativa ha potuto trovare la sua cadenza, divenendo un appuntamento ricorrente: a Rio de Janeiro nel 1997; ancora a Roma nel 2000, durante l’anno giubilare; a Manila nel 2003; a Valencia nel 2006; infine a Citta del Messico nel 2009. Ed eccoci arrivati a Milano 2012: è una storia costellata di grandi temi. Si, perché questi incontri portano ciascuno un titolo che va ben oltre il significato di slogan. Indica piuttosto la traccia, la linea di approfondimento su cui orientare la riflessione, mantenendo sempre il focus sulla famiglia. Il tema di quest’anno è “la famiglia: il lavoro e la festa”.
SFIDA DA RACCOGLIERE
Partire dal titolo è anche un percorso che ci può condurre alla ricerca di alcune particolarità di questa edizione, che non sono dettagli, ma tratti significativi di un modo di essere della Chiesa ambrosiana.Il titolo ha già una stranezza. Se lo leggi, non si capisce bene ciò che invece emerge dallo scriverlo. A leggerlo sembra di parlare di tre argomenti: la famiglia, il lavoro e la festa. Quasi come se si volesse parlare di tre cose distinte. Invece — scrivendolo — diventano fondamentali quei “due punti”. Con essi cambia la prospettiva: la famiglia resta al centro di due vaste aree di temi, diventa protagonista dei ritmi del tempo.In effetti è possibile tradurre il tema proposto pensando come lavoro e festa siano gli spazi ampi del vivere quotidiano di ogni famiglia. Proprio quel ritmo che scandisce la vita della normalità: l’ordinaria alternanza tra ferialità e festività.
Non è questa una sfida da raccogliere? Poteva esserci tema più attuale di questo? Vi viene in mente un’area geografica più adatta del Milanese per occuparsi di questo tema? Possiamo parlare di casualità o siamo in presenza di un segno profetico?
Il Papa, nel proporci questa sfida, ha tracciato un solco anche teologico per riflettere sulla tematica, chiedendoci di partire - nell’approfondimento - dall’affascinante storia raccontata nel libro della Genesi, piena di immagini e di messaggi, dove viene proposta l’elaborazione dell’azione creativa di Dio, presentata con lo stesso ritmo, la stessa alternanza, con un settimo giorno che ci esorta a dare alla festa il tono di spazio per Lui e per gli altri. Non è forse invece tutt’altro il sentire comune dei nostri tempi? Festa o tempo libero? Mi pare si possa cogliere una vera sfida. Di lavoro e di festa abbiamo la possibilità di parlare in ogni dove, senza il timore di correre il rischio di voler puntare solo su questioni di fede. Che tanti rifiutano come poco interessanti, anche se noi sappiamo che ha diretta attinenza con il vissuto delle persone. La famiglia porta con sé questo gene: perla, soggetto, oggetto, crocevia della vita ordinaria del mondo.
UNO STILE DIVERSO
C’è da dire, sempre a proposito di particolarità, che anche sull’accoglienza c’è una novità. In passato i partecipanti agli incontri mondiali delle famiglie erano stati ospitati in istituti religiosi, pensionati e strutture caritative. Quest’anno, per la prima volta, accogliere è un distintivo proprio dell’evento: famiglie che accolgono famiglie.
Ecco quindi partita con coraggio la prima esperienza di accoglienza “domestica” dei partecipanti all’evento e provenienti dall’Italia e dal mondo. Dicono che i milanesi siano un po’ freddi, forse individualisti. Ben venga allora anche questo stimolo ad aprire le porte delle nostre case.
Anche la nostra Comunità Pastorale ha raccolto l’invito e molte famiglie hanno dato la propria disponibilità. Ora non resta che vivere l’evento. Nessuno si senta spettatore, nessuno possa dire di non essersi accorto di nulla. Poi sta a noi fare in modo che, calato il sipario, lavoro e festa non tornino a essere il ricordo di un evento passato, ma stimolo a continuare a mettere la famiglia e il suo ruolo al centro dell’attenzione, della nostra pastorale.