Ci sono cose che da bambino si imprimono nella mente e una di queste è l’espressione: “devi fare Pasqua”. In pratica, il “fare Pasqua” significa per molti una confessione rapida e imbarazzata sul “solito” non ho fatto niente”, una comunione tra l’impacciato e il rassegnato, e poi tutti a casa contenti perché “anche questa é andata”.
È stata pagata la semestrale tassa della religione. “Far la comunione almeno una volta all’anno e confessarsi a Pasqua” è qualcosa che ci è rimasto in mente tra i vaghi ricordi di quanto ci hanno insegnato da bambini al catechismo. Ho sentito una signora anziana dire al figlio, ormai sposato: “Vai a confessarti così poi puoi fare la comunione a Pasqua e non fare storie, che non ti fa male, non crolla il mondo!”.
E lui, per serenità familiare, si é infilato furtivo in chiesa. Invece il problema sta qui: a Pasqua crolla il mondo! “Far Pasqua” può “far male” perché se ci credi davvero ti ribalta come ha ribaltato la grossa pietra del sepolcro.
Le “pulizie di Pasqua” vanno fatte soprattutto nel cuore. “Far Pasqua” significa ritrovarci fuori dai nostri sepolcri con una gran voglia di vivere, di sorridere. Essere cristiano significa credere alla risurrezione di Cristo e credere alla risurrezione è credere che tutto può cambiare. Vivere da risorti significa far morire le nostre tristezze, le nostre angosce, le paure, i lamenti, i risentimenti, gli egoismi per vivere una vita nuova. Questa è la scommessa del grande annuncio della Pasqua: ritrovare le stesse cose di prima, ma “nuove” diverse. Nell’Apocalisse c’è una visione piena di meraviglia “Vidi un nuovo cielo e una nuova terra. Vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “... Egli sarà il Dio-con-loro.
Tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”. E colui che sedeva sul trono disse: “Ecco io faccio nuove tutte le cose . .. io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine”.
Non basta essere nati cristiani per dirsi cristiani. Ognuno deve riconquistare il proprio rapporto con Dio. “Fare Pasqua” non è il “minimo” del buon cristiano, ma é l’esperienza “massima” del credente.
Dobbiamo far vivere Cristo in noi. Dobbiamo farlo uscire dal sepolcro dove lo abbiamo chiuso, liberarlo dalle bende dei nostri pregiudizi, dei nostri rancori, delle nostre delusioni, delle nostre frustrazioni. Troppo spesso abbiamo segregato Cristo in chiesa, bendato da vuote e aride preghiere di circostanza, sorvegliato speciale perché stia lì tranquillo e non esca a darci fastidio sulle strade della vita di tutti i giorni. “Fare Pasqua” é scoprire che Cristo non sopporta il sepolcro in cui lo abbiamo rinchiuso, non si rassegna alla parte del “morto” che gli abbiamo dato.
La caratteristica della nostra fede non è la tomba vuota di Gesù, perché non prova nulla: potrebbe essere stato trafugato. La prova sta nell’energia che ancora oggi può svuotare quel sepolcro freddo, buio e chiuso che è il nostro cuore, nell’energia che può spostare il pietrone che ci opprime, che ci impedisce di vivere. Accettare la risurrezione non é cosi facile, perché davvero crolla il mondo e cambia tutto.
Auguri di cuore e Buona Pasqua!