“La porta della fede”

“La porta della fede (cfr. At 14,27)che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi.
È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma”. (Benedetto XVI, “La Porta della fede”)

“La porta della fede (cfr. At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annun­ciata e il cuore si lascia plasmare dal­la grazia che trasforma”. (Benedetto XVI, “La Porta della fede”)

Così comincia la Lettera Apostolica del Santo Padre Benedetto XVI “La porta della fede” con la quale indìce l’anno della fede che avrà inizio il prossimo 11 ottobre 2012. La porta della fede, dice il Santo Padre, è sem­pre aperta per noi! Ciò significa che se è vero che l’ingresso nella Chiesa avviene con il Battesimo, per i battez­zati non è scontato avere la fede, che è diverso dal credere che Dio esiste. È “possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annun­ciata” e trova un cuore aperto per ac­coglierla e permettergli di cambiare la vita.

Attraversare questa porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita, continua il Papa. Durante questo cammino, il chicco di grano della fede va protetto, va custodi­to; come fa il contadino saggio che protegge la se­mina con insetti­cidi, pesticidi e concime perché possa dare un frutto sano, così dobbiamo fare noi con la nostra fede. Il frutto più prezioso della nostra fede è la comunione con Dio, che si rea­lizza quando non si distingue più il tuo agire dall’agi­re di Dio: come il vino si miscela con l’acqua, così il nostro agire si fonde con quello di Dio; pensiamo a Madre Teresa di Calcutta, a Giovanni Pao­lo II, erano loro ad agire oppure Dio agiva in loro? non siamo in grado di distinguere la loro azione da quella di Dio. Quando si conclude questo cammino nella fede? Spesso noi pen­siamo di essere già arrivati, di essere a posto, ma non è così. Il cammino non si conclude, se non con il nostro

arrivo in Cielo. Non ci si può sedere, si cammina sempre fino al Cielo, e anche lì la nostra conoscenza di Dio continuerà in eterno! Il Papa ci ricor­da che è necessario riscoprire il cam­mino di fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia e il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo. Spesso, purtroppo, a noi questo entusiasmo manca!

Nel nostro mondo, vi è una crisi molto più grave di quella economica ed è la crisi della fede. Dire di crede­re in Dio non è che sia automatico avere fede. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta. La maggior par­te dei battezzati sono diventati sale insipido: chi insegna ai figli che Dio viene dopo tutto il resto (lo studio, lo sport, i parenti, ecc.)? chi trasmette la fede ai figli? chi conosce e si lascia giudicare dal Vangelo? Chi sa co­municare la gioia di aver trovato un senso alla propria vita? Chi risponde ai grandi interrogativi che stanno nel cuore dell’uomo? I battezzati!

L’anno della fede, indetto nel 50° anniversario dell’apertura del Con­cilio Vaticano II e i vent’anni della pubblicazione del Catechismo del­la Chiesa Cattolica è un dono che ci viene offerto per ridare sapore e luce al nostro credo, per renderci ca­paci di testimoniarlo con credibilità e coraggio. E’ triste vedere come in molte case di battezzati manca un crocefisso, la Bibbia, il Catechismo della Chiesa Cattolica e tanto meno si trovano i documenti del Concilio Vaticano II. È tempo di trasmettere nuovamente la nostra fede cristiana, di portare il Vangelo come se non fosse mai stato portato, è tempo di riscoprire la nostra fede! Il Catechi­smo della Chiesa Cattolica non è un libro per bambini, come molti pensa­no, ma è uno strumento che ci aiuta a fare la nostra professione di fede e a conoscerla; spesso, infatti, la nostra fede è rimasta ai primi fondamenti che ci sono stati insegnati da bam­bini oppure è mischiata a tante altre cose. Questa ignoranza religiosa sta alla base di tante cattiverie che esco­no dalla bocca, purtroppo, anche di tanti battezzati.

Il Papa torna a ripetere con insisten­za: “Siamo davanti ad una profonda crisi di fede che costituisce la più grande sfida per al Chiesa di oggi”. Anche il Papa si rende conto che è rimasto solo un piccolo gregge. La storia ci insegna che anche il popolo d’Israele ha vissuto l’esperienza della crisi, del rimanere in pochi, così pure i cristiani della primitiva chiesa. E dentro la crisi della comunità dei cre­denti hanno avuto il coraggio di apri­re gli occhi e cogliere l’opportunità che ci stava dietro. Hanno scoperto un nuovo mondo da evangelizzare, ma soprattutto hanno capito qual­cosa di nuovo del Mistero di Dio. La

croce del Signore Gesù Cristo ha fat­to unità, ha distrutto tutte le barriere, ha permesso che gli uomini di tutti i tempi, di tutti i luoghi, di tutte le na­zioni, trovassero in Cristo crocifisso e risorto il punto di contatto e di comu­nione, spezzando ogni barriera, ogni muro, ogni separazione. Se si fosse­ro fermati a dire: “ecco siamo qui in pochi, ci hanno buttato fuori dalle sinagoghe, non ci ascoltano più”, sarebbero rinsecchiti, morti dentro la crisi, e invece hanno guardato la realtà e hanno detto: “Muoviamoci! Facciamo qualcosa! Non possiamo più fare le cose di prima? Facciamone di nuove!

Pensiamo al nostro oggi, di fronte alla crisi delle vocazioni, ai preti che sono sempre meno, alla situazione di comunità cristiane che non riesco­no più a costruirsi secondo i vecchi criteri. Se ce ne restiamo intristiti e ripiegati su di noi e continuiamo a piangerci addosso, a lamentarci e a rimpiangere il passato, moriremo sof­focati; da noi stessi, però, non dalla crisi. Se impareremo a guardare alla crisi e dire: “Va bene: non possiamo più fare le cose di prima? Quali sono le cose nuove che possiamo fare? - Facciamole! Percorriamo strade nuo­ve!”, allora scopriremo nuove dimen­sioni di Dio, nuove dimensioni di noi, nuove chiamate per ciascuno di noi. L’Anno della fede ci deve dare questa spinta in più per uscire da noi, da uno schema che ormai non funziona più, per entrare in qualcosa di nuovo, in qualcosa che ci apra alla novità, per poter dire ai prossimi che verranno: ecco questa è la nostra fede!

Gli uomini del nostro tempo devo­no sapere che l’incontro con Cristo cambia la vita! L’amore di Cristo non può non spingerci ad evangelizzare, perché la fede non è una cosa tra me e Dio. Se non evangelizziamo è perché questo amore non ce l’abbiamo e se non ce l’abbiamo non possiamo tra­smetterlo agli altri, neppure ai nostri figli! Non possiamo accontentarci di una vita piccola per noi e per i nostri figli; è importante che stiamo sempre alla presenza dell’Amore di Dio, pie­ni di gioia e di vita perché solo così possiamo vivere bene e trasmettere

la nostra fede agli altri. Il cristiano è immagine di un Dio che si scomoda, che “lascia il Cielo” per venire sulla terra; il cristiano è colui che lascia le proprie comodità per portare Cristo ai fratelli. “Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno - afferma il Papa - è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha mai fine”.

Non perdiamo l’occasione di un anno così per risvegliare il nostro CREDO, forse un po’ spento, magari deluso e stanco. Sentiamoci noi, in prima persona, responsabili dell’an­nuncio del Vangelo. Non deleghia­mo quest’obbligo ad altri. Nessuno ci può rimpiazzare nel compito di essere testimoni, ciascuno nella con­dizione in cui si trova.

Ricarichiamo il nostro CREDO va­lorizzando i GRUPPI di ASCOLTO del Vangelo. Tanti sono coloro che vi partecipano, ma sono molto di più i battezzati che neanche li hanno presi in considerazione. Tutti abbiamo bi­sogno di rievangelizzarci trovando il coraggio di “fermarci” per rimettere a fuoco il senso del nostro appartenere a Gesù Cristo, lasciando in secondo piano il “fare”. Lo sguardo di una fede rinnovata dal Vangelo di Gesù ci aiuterebbe a capire che non siamo noi a portare avanti il regno di Dio, ma Lui; ci “obbligherebbe” ad accor­gerci che è Lui ad agire e noi siamo solo al suo servizio.

Sono sicuro che ciascuno non man­cherà di accogliere con piena dispo­nibilità questa straordinaria proposta della Chiesa e guidato dall’azione dello Spirito Santo, sarà pronto in pri­ma persona a proclamare con la vita oltre che con le parole che: ”questa è la nostra fede….e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore.”

don Claudio