I domenica dopo il “martirio” B

Con oggi la liturgia Ambrosiana da inizio alle settimane dopo il martirio di Giovanni Battista che abbiamo celebrato il 29 agosto. Nelle scorse domeniche eravamo legati quasi sempre alla prima lettura, perché era quella che dava la tematica di tutta la giornata.

Da questa domenica si passa invece, in modo più preciso, a portare al centro la lettura evangelica e la contemplazione del volto di Cristo.

Quella di oggi è una Liturgia di passaggio,. Giovanni Battista chiude e compie l’Antico Testamento, spalancando lo sguardo sul Nuovo.

Ed è proprio la testimonianza trasparente e libera del Battista a farci da guida.

Oggi lo vediamo ancora in azione ma ancora per poco, perché poi sarà imprigionato e decapitato. E’ in azione, ma è consapevole che è giunto il momento di lasciare il posto al Cristo - dice il vangelo di oggi- “lo sposo” e l’amico dello sposo (Giovanni) lo ascolta ed esulta di gioia alla voce dello sposo.

Dice il Vangelo: “Sono stato mandato avanti a lui” e ancora “Lui deve crescere; io, invece, diminuire”. Già nell’antico testamento, oggi con il profeta Isaia, vediamo come il progetto di Dio è di salvare la nostra umanità e lo vuole fare entrando nella nostra storia con una continuità che cresce fino al suo compimento nel Messia annunciato: Gesù. Dice il Signore nel libro del profeta Isaia: “Continuerò a operare meraviglie e prodigi con questo popolo”. Nonostante che il suo popolo non sempre lo segua con fedeltà, infatti Isaia dice che a volte il suo rapporto con lui si riduce a una religiosità puramente esteriore. …”Questi popolo mi onore con le sue labbra, mente il suo cuore è lontano da me”. Non sono i precetti umani che cambiano il cuore.

La denuncia qui espressa non riguarda soltanto Israele. Riguarda anche noi, popolo cristiano.

Questa continuità dell’agire di Dio nella storia giunge a Giovanni il Battista che prepara e accoglie Gesù.

Giovanni Battista è l’esempio del giusto atteg-giamento di chi vuole incontrare il Signore e seguirlo: accettandolo gioiosamente, superando i propri progetti e le proprie attese.

La nostra missione ha senso se mettiamo Gesù al primo posto e se gli diamo spazio a tal punto che la gente, attraverso la nostra vita e la nostra testimonianza, possano andare a LUI. La nostra gioia consiste non nel far attrarre la gente a noi, ma a Gesù Cristo.

Oggi non è più possibile essere cristiani per abitudine. Oggi occorre scegliere di essere cristiano. Seguire Gesù è un grande impegno di vita che richiede generosità, totalità, radicalità. Andare a Messa la domenica non è un obbligo, ma una decisione personale responsabile, che mi impegna a fondo.

Gesù non è un grande profeta che predica l’amore e niente di più. Gesù non è solo un profeta, è Dio.

Allora cos’è la fede? Credere in Gesù Cristo: Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita”.

Credere in Gesù vuol dire allora prendere come modello di vita la Sua vita, e seguirlo con l’aiuto della grazia e del suo amore, a realizzarlo nella nostra piccola vita. Pur rimanendo sempre uomini come gli altri, con i nostri difetti, limiti e peccati.Giovanni Battista nella sua umiltà ci ha tracciato l’itinerario da seguire.

Per testimoniare il Vangelo, dobbiamo lasciarci prendere dal fuoco del Vangelo. Non basta dichiararsi cristiani per esserlo, occorre che Cristo e la sua Parola entrino in me e trasformino la vita.

La nostra vocazione cristiana è questa: incontrare Gesù e testimoniarlo con la vita.

Un giorno dissero ad un predicatore: “Lei dice sempre che il cristianesimo è gioia. Ma perché tanti cristiani non sono felici? Perché sono spesso tristi e pessimisti?”. E il predicatore rispose: “Perché si limitano ad essere dei buoni cristiani invece di essere santi”.

Su Gesù il Battista ha visto scendere lo Spirito e rimanere – “rimanere” – diversamente da noi cui capita mandarlo in esilio. Allora, dice la lettera agli Ebrei: non voltate le spalle a colui che parla dal cieli. ”Non voltare le spalle”, lasciati illuminare da parole alte. Come le sue. Lui parla “dal cielo”.

O, riprendendo la similitudine di Isaia, l’invito a “essere argilla” malleabile. Un vaso può dire del vasaio: non capisce?“. Come non augurarci, all’inizio di un nuovo anno pastorale, di essere argilla tenera che sa prendere forma, la forma del grande vasaio, Dio, che la modella e la rimodella a la sua parola la nostra vita?

Rimettiamoci in cammino, lasciamoci prendere per mano dallo Spirito, perché ci aiuti ad incontrare lo Sposo e ci permetta di far risplendere sul nostro volto e sul volto della nostra comunità la bellezza del volto di Gesù.