Festa di Cristo Re "C"

 

Oggi si conclude l’anno liturgico ambrosiano. Di qui la grande riflessione sulla storia narrata dal Vangelo.

Individuano tre momenti.

1. “Quando il Figlio dell'uomo verrà». Dunque, la storia non è senza senso, non è un susseguirsi noioso di giorni sempre uguali e neppure un succedersi disordinato di fatti, di emozioni, di istinti. La vita dell’uomo non è un impronta sulla sabbia della spiaggia, che l’onda del mare cancella quando si ritrae. L’uomo non è destinato al nulla. La mèta della vita — della storia, che è fatta dagli uomini — è un incontro, l'incontro con Dio. Non ci attende il buio della morte, ma la luce della vita, della "gloria" come dice il Vangelo. Non chiuderemo gli occhi, ma li apriremo e vedremo chi ci ha creati e comprenderemo il perché: ci ha creati per condividere la sua gloria, tutto quello che lui ha, tutto quello che lui è. Lo ha desiderato da sempre: “Venite. Ricevete in eredita il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo». Per questo Dio ha creato noi e il mondo: per darci la sua eredita, la sua gioia. La storia degli uomini e un cammino (faticoso, certo, ma vero) sul sentiero dell’eterno, dell'infinito amore.

2. In questo cammino l'essere umano non deve camminare da solo. Quel giorno saremo eredi non perché saremo carichi di molti titoli e di molti onori o di sapienza o ricchezza o fama; non per la carriera che avremo fatto o per i molti successi ottenuti. Non saremo eredi per quello che saremo stati durante la vita, ma per quello che avremo donato durante la vita. Saranno gli altri a farci guadagnare l'eredita che Dio ci ha preparato. Saremo giudicati non per quello che diremo a Dio di aver fatto per lui, ma per quello che gli altri gli diranno che abbiamo fatto per loro. Non ci sarà chiesto: “Che cosa hai fatto?», ma: “cosa hai donato? Hai condiviso i doni che hai ricevuto?». E non ci saranno sponsor famosi né garanti importanti: i nostri sponsor saranno quelli che valgono meno agli occhi degli uomini, i più piccoli.

3. Nell’impegnativo cammino della sua storia l’uomo non è solo: Gesù è sempre nostro compagno di strada. Nell’affamato, nell’assetato, nel prigioniero, nello straniero c’è Gesù; è lui che incontro e che sfamo, che visito, che accolgo.

Chi avrà amato il povero, il nudo, lo straniero, il carcerato, il malato, l’assetato, chi l’avrà servito nel suo bisogno, questi sarà salvo.

Ciò ci ricorda che c’è un primato assoluto della carità su tutto. San Paolo ci dirà “tre cose restano: fede, speranza e carità, ma tra tutte la più grande è la carità”. Nell’esperienza cristiana tutto è teso: la formazione, la liturgia, la preghiera, l’ascolto della Parola, l’obbedienza alla Chiesa, tutto insomma è teso, è diretto a renderci attenti al bisogno del fratello che ci sta a fianco ed anche a colui che non vediamo, è teso a costituirci come uomini e donne di carità. Un bisogno da servire che non è solo materiale ma anche spirituale: bisogno di ascolto, di accompagnamento, di verità e di conversione. E’ bello che questo testo venga letto nella festa di Cristo re. Perché ci dice cosa intende Gesù per regalità, per potere. Gesù s’identifica con l’ultimo della terra.

La storia degli uomini, allora, è anche storia di Dio: con lui camminiamo. Se ci allontaniamo, lui ci segue e quando ci accorgiamo d’aver sbagliato la strada —quanti errori facciamo — lui ci indica il sentiero sicuro. Se ci stanchiamo, lui si siede e ci aspetta: non ha fretta di arrivare da solo.

Papa Francesco in Brasile il 24 luglio ha detto: “Quante difficoltà ci sono nella vita, ma per quanto grandi possano apparire, Dio non lascia mai che ne siamo sommersi. Dio cammina accanto a noi, in nessun momento ci abbandona”.