La qualità della gioia!

C’è una parola che ci attira continuamente, ci affascina: felicità. Forse è attorno a questa parola che si possono spiegare tutte le complesse realtà della vita e della storia. Si vive per essere felici e quando non lo si è si avverte come una sensazione di fallimento. Ogni agire dell’uomo è fatto in funzione di questo. Persino il male che facciamo, a ben pensare, non è altro che una ricerca di gioia (fatta naturalmente in modo sbagliato). Siccome siamo fatti per questo, noi siamo insaziabili, vogliamo sempre più, sempre meglio. Non è sufficiente essere felici per qualche momento, vogliamo esserlo sempre! Spesso ci accorgiamo quanto sono inconsistenti le nostre gioie; mi viene in mente la parabola del figliol prodigo (Lc 15); un figlio che non era contento della sua casa, voleva una gioia che non provava presso suo padre che lo amava, voleva avventure, voleva novità, "partì allora per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto".

Ma la gioia dura tanto quanto i soldi: quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora rilegge la sua vita e ne coglie il fallimento; "Quando sono partito dalla casa di mio padre volevo altro, ma non l’ho trovato" e riscopre la bellezza di quella casa che aveva lasciato: "Rientrò in sé stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!" e scopre che non i "soldi," ma le "relazioni” danno senso alla vita. Lui non aveva bisogno dei "beni” del padre, ma del suo abbraccio che perdona e che lo fa sentire a casa, al suo posto, lo fa sentire figlio… non consumatore di beni e di avventure. La felicità è alla nostra portata, ma dobbiamo individuare le strade che non sono sempre però le più immediate, le più gratificanti. Una gioia che non è duratura è illusione.

 

C’è un altro concetto poi che va tenuto in considerazione: è quello della sofferenza. Il dolore è l’altra faccia della medaglia della vita umana: la nostra esistenza può diventare una corsa ad ostacoli per evitare il più possibile ciò che fa soffrire. Il male ci scandalizza, ma c’è! Non si può vivere senza incontrarlo. “È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!” (Lc 17, 1-3). Non c’è momento storico che non ci richiami questa terribile realtà: si pensi ad esempio ai morti della Siria o in alcuni paesi dell’Africa e di altre realtà magari poco conosciute, ma non per questo meno drammatiche.

 

Tutto ciò che fa soffrire: la morte, l’ingiustizia, la cattiveria ecc. ci scandalizza. Eppure la vera grandezza dell’uomo si vede nella sofferenza. È facile essere contenti quando tutto fila liscio... essere calmi e sereni quando siamo avvolti dal bene: “Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla” (Lc 6, 33-35).

 

Ecco la proposta cristiana. Dice Gesù nel vangelo di Giovanni (15,11): “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”, e subito dopo dice: “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (15,13).

 

Stiamo vivendo la quaresima che alla fine di questo mese ci porterà alla Pasqua. In fondo questo tempo è dono dato per "fare verità su di noi", capire cosa è il bene ed il male, scegliere la strada della gioia che passa da un cuore veramente libero (e quindi forte) di cercare solo ciò che è vero e stabile. La Pasqua che tra poco celebreremo ci invita a far memoria di questa gioia realizzabile solo se c’è la libertà di un cuore che sa donare tutto sé stesso fino alla morte. La felicità che tanto desideriamo deve passare dalla strada tracciata da Gesù: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). E ancora: “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Mt 10 37-39).

 

Quando Dio ha creato l’uomo l'ha fatto a "sua immagine". Ciascuno di noi è immagine di Dio, ogni persona lo é: il povero e il ricco, il piccolo e il grande, l’italiano e lo straniero, il buono e il cattivo... ognuno e sempre. Il peccato è oscurare questa immagine, è banalizzarla, ridicolizzarla, è un po' quello che si vede quando ci guardiamo in uno specchio difettato. Una vita è felice quando si è se stessi. La Chiesa (quindi il singolo cristiano) ha la vocazione di far vedere il volto di Dio, il suo amore, il suo perdono, il suo abbraccio.

 

Dio sa che gli uomini non sono sempre fedeli testimoni del suo amore, ma si intestardisce a farci diventare così, vuole sempre ricostruire in noi la sua immagine. Non ha "badato a spese”, nemmeno quella di mandare suo Figlio a morire in croce per dirci cos'è la sua immagine, quella di uno che muore per amore. Questa voglia di Dio di rifarci nuovi è appunto il messaggio della Pasqua: è annuncio di perdono, perché non si può “rinnovare” se non si perdona. Si può stracciare una fotografia se è uscita male e rifarla. Ma Dio, poiché ama, preferisce ritoccare la foto, migliorarla piuttosto che strapparla. Ogni persona è sempre un'immagine da ritoccare, mai da distruggere: è da qui che viene la dignità dell’uomo e la possibilità del perdono. “Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai” (Luca 17, 3-4).

 

A tutti è possibile essere immagine di Dio!

 

Ciascuno a suo modo, nella sua situazione e nella sua età.

 

Allora sarà per tutti Pasqua!

 

 

 

don Claudio