“Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”. Queste sono le parole che canteremo dopo la comunione nel solenne inno del Te Deum. Anche per questo anno che sta per finire noi lo canteremo a conferma della certezza con cui vogliamo affrontare lo scorrere del tempo: non un doloroso e rassegnato finire nel nulla, ma l’anticipo della presenza del Dio con noi che il Natale ci ha fatto vivere.
“Dio ti benedica”! Fino alla generazione dei nostri nonni questa era la formula con cui normalmente ci si salutava incontrandosi, tanto la fede era radicata nel nostro popolo. Era la testimonianza di una fede che rimarcava la necessità di Dio per la vita.
Ritorna in questa domenica il Vangelo della notte di Natale, il prologo di Giovanni, l’inno alla Parola che si fa carne. Si legge: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio”. Gesù è il Verbo, la Parola di Dio o, come dice la prima lettura, la sua sapienza.
Vorrei fare brevemente qualche riflessione su questo grande mistero dell’incarnazione. Usando la parola “mistero”, non voglio dire una cosa buia, che non si capisce per niente: voglio dire, invece, una cosa talmente luminosa che si fa’ fatica guardare perché ciò che rivela è immenso.
In questa notte noi siamo guidati a contemplare un Mistero che ha molte facce, un Mistero che si può guardare da molti angoli diversi. Si può guardare ora dalla parte dell’uomo ora dalla parte di Dio, ma, da qualunque parte lo si consideri, teniamo in considerazione sia Dio che l’uomo, perché siamo di fronte al mistero dell’incarnazione del Verbo per noi: un Dio che si è fatto uomo.
Più che sulle letture, che pure toccheremo e vedremo in alcuni aspetti punto la mia attenzione su una parte della Liturgia, che normalmente è inserita nella nostra preghiera, e cioè sulle antifone che la attraversano: dopo il Vangelo e allo spezzare del pane.
Siamo invitati quest’oggi a soffermarci a contemplare la presenza di Maria e vedere in lei la Grazia di Dio che l’ha resa grande. Se Maria può accogliere questa vocazione non è certo per i meriti acquisiti nella sua vita, ma per il progetto d'amore di Dio. L'angelo la saluta come "piena di grazia" e non come "piena di meriti".
La liturgia di questa 3 domenica di Avvento ci aiuta a stendere come un percorso che permette alla nostra vita spirituale di crescere, da passare “dal dubbio” alla fede piena.
"Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio": così Marco comincia il suo vangelo. Sapete certamente che "Vangelo" significa "bella notizia", ma questa bella notizia non è un avviso, non è una informazione, non sono parole!!! E' una persona: Gesù. Lui “è il Vangelo”. Cosa significa? Che Dio si è fatto così vicino a noi, tanto da farsi uomo come noi. Gesù, se ascoltato e accolto, porta sempre un nuovo inizio.
Le letture che ci vengono donate, in questa prima Domenica di Avvento, non sono certo leggere. Per interpretarle nella luce giusta, è bene tenere in considerazione il punto d’arrivo di queste letture: L’obiettivo infatti non è suscitare ansia, ma risvegliare la speranza.
“La mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”. In questo messaggio del profeta Isaia troviamo il cuore della liturgia di questa domenica: Tutti i popoli sono chiamati a raggiungere la salvezza”.
Chi è il vero protagonista della festa di oggi?
Cosa ci direbbero i santi che stiamo ricordando e venerando come nostri testimoni?
Il vero e solo protagonista della festa di Tutti i Santi è il grande amore del Padre, manifestato in Gesù. Contemplare questo amore ci permette di fissare bene nel cuore e nella mente alcune delle caratteristiche fondamentali della santità cristiana. I santi cristiani hanno alcuni tratti della loro identità che non vanno confusi con nessun’altra idea di eroismo.
Con la I domenica dopo la Dedicazione la Parola di Dio apre a tutti credenti gli orizzonti dell’annuncio al mondo del Signore. Il Vangelo ci presenta un intervento di Gesù chiaro e diretto: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”.
Oggi celebriamo la dedicazione del Duomo di Milano. Forse è bene richiamare alla memoria il significato delle due parole: il DUOMO e la DEDICAZIONE.
Tre sono i richiami ho individuato nella parola di Dio che ci viene offerta in questa domenica. Il primo riguarda il cuore. Quando commettiamo un peccato, dentro di noi scatta la tentazione costante di scaricare sugli altri la colpa. Se, per esempio, mi arrabbio, normalmente penso che non è proprio colpa mia, ma piuttosto del comportamento di mia moglie, di mio marito, del mio vicino, del mio capo.
La salvezza di Dio è un dono per tutti. Questo è in sintesi il messaggio della Parola di Dio che abbiamo ascoltato. In primo luogo il Profeta Isaia indica la necessità di convertirsi a quel Dio unico ed è l’unico che può salvare. “Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra”, ecco una grande apertura all’universalità. Apertura che viene rilanciata anche da Paolo che tiene a precisare che non ci si salva con le proprie mani, con i propri meriti personali, ma per “grazia siete stati salvati mediante la fede”.
La parabola del buon Samaritano è una parabola ben conosciuta e non è certo il caso di tornare a spiegarla. Cerchiamo di sottolineare alcuni spunti, che possono servirci per la riflessione all’interno del cammino spirituale che la Parola ci propone.
Nelle letture che ci vengono donate nella Liturgia di oggi, si affrontano due atteggiamenti, che sono opposti nelle motivazioni e anche nei risultati, ma si rivelano molto simili. Si tratta di due “atteggiamenti del cuore”: il primo profondamente negativo - perché ci blocca, ci impedisce di camminare - e il secondo, invece, liberante, è capace di dare nuovo slancio, nuova direzione alla nostra esistenza.
"Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodemo". Oggi ci lasciamo guidare da lui e vediamo innazitutto di conoscerlo.
E’ un fariseo, dunque uno istruito, che sapeva tutto quello che c’è da sapere sulla religione. Uno curioso, che pur di trovare Gesù, rischia anche di farsi sorprendere dai suoi colleghi.
All’inizio di questo nuovo anno pastorale la liturgia di questa domenica ci aiuta a mettere a fuoco il messaggio che ci accompagnerà per tutto questo periodo chiamato Anno della Fede.
Siamo invitati a soffermarci sul mistero della Chiesa e della sua missione.
Con oggi la liturgia Ambrosiana da inizio alle settimane dopo il martirio di Giovanni Battista che abbiamo celebrato il 29 agosto. Nelle scorse domeniche eravamo legati quasi sempre alla prima lettura, perché era quella che dava la tematica di tutta la giornata.
Da questa domenica si passa invece, in modo più preciso, a portare al centro la lettura evangelica e la contemplazione del volto di Cristo.
Stiamo celebrando questa veglia pasquale che è chiamata la madre di tutte le veglie. Ed anche il canto, le luci, i fiori… tutto contribuisce a darci il senso della Pasqua. Per quaranta giorni abbiamo taciuto l'Alleluja per poterlo cantare questa notte con un desiderio più intenso.
E’ arrivato il momento conclusivo di questa stupenda esperienza della Missione Popolare, la prima vissuta insieme come Comunità Pastorale. Dobbiamo veramente ringraziare il Signore per questo dono, il “vento” dello Spirito, come ci richiamava don Patrizio all’inizio della Missione, ci ha permesso di vivere quindici giorni “forti”. Chi si è lasciato scuotere da questo “vento”, chi si è lasciato rinnovare dalla Grazia del Signore è pronto per la partire, per essere inviato.
Il tempo dopo l’Epifania ci ha permesso di vedere nella venuta nel mondo del Figlio di Dio il manifestarsi, in Lui e grazie a Lui, del progetto di Dio, un progetto che non riguarda solo Israele,
il popolo della prima alleanza, ma l’intera umanità, riguarda noi.
Tanti sono stati i modi conosciuti dal Vangelo che ci hanno manifestato il volto di Dio.
Il vangelo di domenica scorsa, festa della Sacra Famiglia, ci aveva presentato una reazione di Gesù un po’ dura nei confronti dei suoi genitori: “Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del padre mio?”. E anche il Vangelo di questa domenica ci propone un'esperienza particolare vissuta da Gesù. Il suo comportamento nei confronti della donna Cananea in modo proprio strano.
La liturgia ambrosiana celebra oggi la festa della famiglia di Nazareth. Ed è proprio a questa speciale famiglia che affidiamo tutte le nostre famiglie, perché imparino a crescere “in sapienza e grazia” come ci dice il vangelo che abbiamo appena ascoltato, crescano nella pace, come condizione perché tutta la famiglia più ampia, quella cristiana e umana possa raggiungere e sperimentare il bene della pace.
La nostra liturgia ci presenta un’altra “epifania”, un’altra manifestazione che ci presenta chi è Gesù, e qual è la sua missione.
Manifestazione che si esprime come una premura di Dio per il suo popolo.
Si continua chiamare questa pagina “la moltiplicazione dei pani”, mente dal testo s’intuisce che non si tratta di “moltiplicazione”, ma anche e soprattutto di “divisione”: il pane viene diviso e con-diviso.
Le domeniche dopo l’Epifania vogliono aiutarci a scoprire sempre di più volto del nostro Dio che vuole manifestarsi, che vuole rivelare il vero volto del suo Figlio Gesù.
Epifania = manifestazione a tutte le genti,
il Battesimo = Dio stesso che presenta suo figlio,
Il miracolo di Cana è Gesù che “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui", con il miracolo delle nozze di Cana iniziano così i segni che manifestano, che presentano “chi è
Gesù”.
Nella solennità dell’Epifania la Chiesa continua a contemplare e a celebrare il mistero della nascita di Gesù salvatore. In particolare, la festa di oggi sottolinea il significato universale di questa nascita. Facendosi uomo, il Figlio di Dio è venuto non solo per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata dai Magi.