IV Domenica dopo il Martirio di san Giovanni Battista –

Nelle letture che ci vengono donate nella Liturgia di oggi, si affrontano due atteggiamenti, che sono opposti nelle motivazioni e anche nei risultati, ma si rivelano molto simili. Si tratta di due “atteggiamenti del cuore”: il primo profondamente negativo - perché ci blocca, ci impedisce di camminare - e il secondo, invece, liberante, è capace di dare nuovo slancio, nuova direzione alla nostra esistenza.

La prima di queste disposizioni interiori la incontriamo nella prima lettura. Il profeta Elia, ad un certo punto del suo percorso - dopo essersi opposto con grande decisione al re e alla regina e aver ucciso tutti i profeti di altre divinità -, viene costretto a fuggire, perché vogliono vendicarsi su di lui e ucciderlo allo stesso modo. Scappa nel deserto e nel deserto viene preso dallo sconforto: non capisce come mai gli sta succedendo questo. Come mai lui, che è l’unico rimasto fedele, adesso viene perseguitato. Si trova di fronte a qualcosa di troppo grande per le sue forze, qualcosa che non sa affrontare, che lo lascia assolutamente turbato. E la sua reazione è: “Basta! Fammi morire! Sono stufo!

Spesso questo desiderio di fuga si manifesta anche in noi. Sorge spontaneo quando c’è qualcosa che ti sovrasta a tal punto da toglierti il respiro e non sai proprio più che cosa fare.

Dall’altra parte, invece, c’è un secondo atteg-giamento. Se in Elia è scattato qualcosa che lo blocca, che lo fa scappare dalla vita, il vangelo ci presenta il dono dell’Eucarestia: il Pane di Vita che accompagna il nostro cammino. Di fronte a questa realtà, siamo chiamati a contemplare il bene, il dono che Gesù fa’ di sé. Di fronte ad un amore come quello di Gesù, che dà la vita per noi, di un Dio che entra nella nostra carne umana, nessuna risposta sembra adeguata.

Provate a pensare a quante Eucaristie noi abbiamo vissuto. Quante volte ci è stato donato il Pane Vivo che discende dal Cielo. Quante volte, andando davanti al sacerdote, ci è stato detto: “Il corpo di Cristo” e noi, abbiamo risposto: “Amen”, che dovrebbe significare: “Ci credo. Mi affido totalmente a questa realtà.

Quante volte abbiamo ricevuto l’Eucaristia e forse parecchie senza cuore, senza testa, senza comprensione reale.

Pensando a questo, mi è venuto in mente un fatto successo una domenica, mentre durante una mesa stavo distribuendo la comunione. Si presenta in fila un papà con in braccio la figlia, piccolina. “Il corpo di Cristo. Amen”, e ho fatto la comunione al papà. La bambina, che osservava tutto con i suoi occhioni scuri pieni di stupore, si è rivolta al papà e gli ha chiesto: “E’ buona?”. Sono rimasto colpito dalla domanda di quella bambina. Si fanno tante discussioni sull’Eucarestia, ma non mi ero mai chiesto “E’ buona?”.

Da gusto alla nostra vita l’incontro con l’Eucarestia? Da sapore alle nostre giornate il nutrirci del pane di vita?

Noi cristiani non possiamo vivere senza di Lui, perché Lui si dona a noi, viene in mezzo a noi. Lui rende “buona” la nostra vita.

Ecco i due atteggiamenti richiamati all’inizio: Elia è segno di paura, che scappa. E dall’altra invece c’è la medicina buona: c’è il Signore che entra dentro di noi e ci trasforma, in modo tale che noi impariamo a donare noi stessi con la stessa modalità che Lui usa con noi. E questo ci permette di superare il blocco. Di diventare noi Eucaristia per l’altro. Di diventare noi Presenza di Dio per il nostro fratello. La nostra vita diventa Eucaristia, diventa dono, diventa “buona”, diventa presenza di Lui per l’altro.

Solo con Gesù si ritrova che tutto quanto facciamo diventa vero e buono. La festa dell’oratorio ci ricorda che in oratorio ci sono animatori, catechisti, genitori, ragazzi, adolescenti, giovani… sono “buoni” nella misura in cui la nostra fede in Lui c’è.

Solo Lui ci può far fare il salto della fede, quel salto di qualità che ci rende veri e testimoni.

Dal donarsi di Gesù nell’ Eucarestia occorre ripartire. Al Suo donarsi nell’Eucaristia tornare ogni volta che ci sentiamo stanchi e affaticati, per poter riprendere il cammino, sapendo che quando ci nutriamo di Lui arriviamo in fondo, troviamo veramente la strada, troviamo veramente la forza per arrivare oltre il deserto che stiamo attraversando e trovare vita.