Dedicazione del duomo - Anno B

Oggi celebriamo la dedicazione del Duomo di Milano. Forse è bene richiamare alla memoria il significato delle due parole: il DUOMO e la DEDICAZIONE.

Il Duomo è un edificio sacro e prende questo nome dal latino Domus, cioè casa e indica dunque che è la casa della diocesi. Tutte le chiese della diocesi sono collegate e, per così dire, subordinate alla Domus ecclesiae, al Duomo, in cui i fedeli si radunano con il Vescovo. Un altro nome del Duomo è “CATTEDRALE”, perché custodisce la cattedra del vescovo e con ciò il Duomo è il centro liturgico, spirituale e pastorale della Chiesa diocesana. La Cattedrale non è soltanto un monumento, un’opera d’arte, un grande e solenne edificio, ma è il luogo, la cattedra, da dove il vescovo insegna, comunica con i suoi fedeli.

Noi celebriamo ogni anno, nella terza domenica di ottobre, l’anniversario della Dedicazione. Si ricorda infatti quella che è avvenuta il 20 ottobre 1577 celebrata da S. Carlo Borromeo. “DEDICAZIONE” significa che questo tempio è stato dedicato al Signore come luogo della Sua presenza, luogo del culto, luogo nel quale Lui abita.

Questa festa evoca però non solo le mura dell’edificio, ma come dice l’orazione che abbiamo recitato: “Con pietre vive tu edifichi alla tua gloria un tempio eterno”. La comunità cristiana è costituita da queste pietre vive radunate nel nome del Signore, chiamate a vivere la comunione nella fede ed esprime l’unità e la carità che lega tutti i fedeli della diocesi.

Anche le letture che abbiamo ascoltato ci aiutano ad approfondire questo cammino di unità e di comunione. Il vangelo ci ricorda che la Cattedrale è il luogo di unità del gregge di Dio. Giovanni ricorda che tale unità è fondata su quanto Gesù rivela: «Io e il Padre siamo una cosa sola». Radunarsi nella Cattedrale è segno di questo ingresso più profondo nella comunione stessa di Dio che ci custodisce.

Nel brano letto i giudei si pongono in cerchio attorno a Gesù, (simbolicamente è bello vederlo al centro) e, provocandolo, gli chiedono: “Sei tu il Cristo, dillo a noi apertamente”. Risponde: “Ve l’ho detto e non credete”. Poi parla delle sue pecore che ascoltano la sua voce, così come noi ascoltiamo la sua voce proclamata in ogni celebrazione dell’eucarestia. Gesù che è al centro della cattedrale, è “Uno con il Padre” e noi uniti con lui facciamo unità con il Padre. Ecco il significato di questa festa: “In e con Gesù”, noi diventiamo il tempio del Padre; il nostro essere uniti, il nostro essere comunità è segno della presenza di Dio.

La festa della dedicazione del Duomo richiama a ciascuno di noi di verificare se la nostra comunità cristiana è profondamente unita e in ascolto di Cristo, Parola vivente del Padre. Non a caso, infatti, il Prefazio parla della Chiesa come della «città posta sulla cima dei monti». L’immagine è chiara: siamo un popolo chiamato alla testimonianza. Questa è la nostra vocazione e il compito che non abbiamo il diritto di disertare. Le pietre vive della città posta sulla cima dei monti non hanno altro scopo che quello di facilitare l’incontro con Dio di ogni uomo.

L’Anno della fede si presenta come una straor-dinaria occasione di grazia per la nostra comunità di ritrovare vitalità e forza per vivere questa comunione nel Signore. La fede nel Dio vicino, come dice l’Arcivescovo nella sua lettera, ci incoraggia a percorrere le vie della comunione che sa perseverare nella fedeltà anche attraverso le fatiche, le incomprensioni, gli errori, i peccati. Tutti siamo chiamati a sperimentare del Vangelo e testimoniarla.

Soltanto una fede forte può ridare speranza in questo periodo storico tanto confuso e disorientato. S. Paolo dice che il fondamento dell’edificio di Dio che è la Chiesa, è il Signore Gesù, e in questa Chiesa noi “siamo collaboratori di Dio”.

E’ una parola che ci sprona a ripensare il nostro modo di collaborare come cristiani. Noi siamo “collaboratori di Dio”, quando ci mettiamo a disposizione della comunità cristiana. Il nostro servizio non è un collaborare con… parroco, suora… la logica per cui io mi metto a disposizione e collaboro con quella persona. Noi siamo “collaboratori di Dio”, noi siamo partecipi della costruzione della Chiesa. Noi siamo responsabili della edificazione della comunità. Questa logica, questo modo di pensare, permetterebbe a tutti di fare un passo avanti. Non c’è Chiesa se non ci sono i fedeli laici che sentono di essere Chiesa, di essere comunità cristiana.

Chiedere, in questa Eucaristia, di metterci in gioco attraverso cose piccole, quotidiane, normali, ma che hanno dentro la presenza di Dio e, grazie a questa presenza, fanno crescere la Chiesa, fanno crescere il Regno di Dio in mezzo a noi -, diventando “collaboratori di Dio”, collaboratori nella costruzione del Regno.