II DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE

“La mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”. In questo messaggio del profeta Isaia troviamo il cuore della liturgia di questa domenica: Tutti i popoli sono chiamati a raggiungere la salvezza”.

“Del Signore è la terra e tutti i suoi abitanti” dice il Salmo. In S. Paolo agli Efesini ci viene annunciato che nessuno è senza speranza, ma che tutti possono godere della vicinanza, della familiarità di Dio.

Tutti siamo invitati a partecipare alla grande cena che Gesù annuncia nel Vangelo. “Beati voi che siete invitati a partecipare alla cena del Signore”.

L’intera parabola del Vangelo è un invito rivolto a tutti perché rispondano all’invito del Signore.

A tavola con Dio c’è posto, illimitato: ma per sentirsi onorati bisogna riconoscersi poveri, bisogna avvertire i propri limiti, la fatica di camminare, di vedere.

Gesù avverte che quanti si sentono già a posto, perché hanno riempito la propria vita di certezze – sistemato affari, proprietà, famiglia – non riescono più ad avvertire stupore e gratitudine per l’invito alla festa di Dio.

A quest’invito bisogna che ognuno dica liberamente il proprio “Si”. E non inventare tutte le scuse incredibili per non partecipare. “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo”, “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli”, “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.

Il problema è che l'uomo, all'invito di Dio a partecipare alla sua festa, risponde: vorrei ma... Quante volte mi sento dire: "Gran cosa l'interiorità, don Claudio, utile, fondamentale, me ne occuperò in vecchiaia" Ora non ho tempo! C’è altro da fare nella vita!

 

Il padrone della parabola si è arrabbiato per il mancato arrivo dei primi invitati, e allora manda a chiamare i poveri, gli storpi, i ciechi, e li invita a partecipare al banchetto. E insiste dicendo al suo servo: “Esci per le strade e costringili a entrare perché la mia casa si riempia”.

Il Vangelo ci fa riflettere sulla precisa e sorprendente indicazione che viene data al servo: “Esci, spingili e entrare”. Uscire, non stare ad aspettare, magari sulla porta della chiesa. Bisogna trovare tutte le modalità per avvicinare gli uomini e le donne del nostro tempo per annunciare loro il Vangelo di Gesù.

I vescovi riuniti recentemente a Roma per il Sinodo sulla nuova evangelizzazione nel documento finale sottolineano come la nuova evangelizzazione riguarda tutta la vita della Chiesa.

Le scuse portate dai primi invitati, sono le stesse di “quanti vivono in regioni di antica evan-gelizzazione, dove la luce della fede si è affievolita, e si sono allontanati da Dio, non lo ritengono più rilevante per la vita: persone che perciò hanno perso una grande ricchezza, sono «decadute» da un’alta dignità - non quella economica o di potere terreno, ma quella cristiana -, hanno perso l’orientamento sicuro e solido della vita e sono diventati, spesso inconsciamente, mendicanti del senso dell’esistenza. Sono le tante persone che hanno bisogno di una nuova evangelizzazione, cioè di un nuovo incontro con Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio”. Benedetto XVI.

Siamo richiamati ad essere maggiormente animati dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori dei fedeli che regolarmente frequentano la Comunità e che si radunano nel giorno del Signore.

“Esci e fai entrare”… per entrare è necessaria una testimonianza gioiosa dell’essere cristiani. Lo si deve vedere che si ha la gioia nel cuore quando s’incontra Gesù.

Non lamentele, chiusure, tristezze…. È la gioia che si deve trasformare in accoglienza e amore. “Da questo vi riconosceranno se avrete amore tra voi”. Quante persone si sono allontanate dalla chiesa, quanti ci vengono solo in certe occasioni, quanti sono nuovi … tante situazioni che ci domandano di “uscire” e cercarli.

Oggi, domani e sino alla fine dei tempi, la Chiesa deve adempiere la funzione del "servo" della parabola: adoperarsi in tutti i modi perché la sala del "banchetto", immagine della salvezza, sia riempita e, dunque, nessuno si sottragga all’invito!

Rinnoviamo lo stile del nostro stare insieme allora spontaneamente sorgerà quella “spinta” che può farse risvegliare la fede e riviverla nella comunità.

L'esempio dei santi, che abbiamo appena ricordato nella loro festa, è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l'unica vera causa di tristezza e di infelicità per l'uomo è vivere lontano da Lui.