Da più parti nel mondo intero, ma anche nella nostra bella Italia, stiamo assistendo al nascere di ideologie anti-familiari, non passa giorno, purtroppo, che non venga segnato da drammi che coinvolgono le famiglie: quanta violenza tra le mura domestiche. Il clima che si respira nell’ambito familiare viene costruito spesso solo sullo spontaneismo: “ti voglio bene se mi va”! E quando non mi va… lascio tutto!!!
Anche le leggi che vengono approvate qua e là sono leggi che dividono più che unire la società.
Che quadro triste!!!
E noi, al contrario, siamo qui questo pomeriggio per celebrare la sacralità della famiglia. Ho qui davanti a me un bel gruppo di giovani sposi che si sono uniti nel matrimonio lo scorso 2012; altri che in questi anno hanno sperimentato il frutto del loro amore dando alla luce dei bellissimi bambini; sono pure qui una quindicina di coppie che si sono preparate a ricevere il sacramento del matrimonio cristiano.
Mi domando: “siamo tutti matti?” Il mondo sta annullando la famiglia e voi siete qui per confermarne la grandezza e la sua preziosità. Siamo fuori di testa noi o il mondo?
Noi cristiani non possiamo condividere il progetto di un amore costruito sullo spontaneismo, sul sentimento “se me la sento”, noi siamo qui per testimoniare e per attestare quello che sta nel cuore di Dio, cioè che la famiglia, è il luogo in cui l’amore è di casa. Nient’altro costituisce, lega, fa essere la famiglia se non l’amore e per sua natura questo amore familiare è caratterizzato da gratuità, donazione autentica, piena reciprocità, rispetto per le persone.
La seconda lettura che abbiamo letto è piena di termini che al nostro orecchio possono suonare quasi irritanti: “rispettare”, “obbedire”, “onorare”, “comandamenti”. Che cosa ci vogliono dire le indicazioni di Paolo? Io direi che ci suggeriscono questo: la famiglia è il luogo dove si conosce e si sperimenta il nostro limite.
Limite non come una negatività, ma come una realtà importante nella vita. Il concetto di limite ha molti significati. Vuol dire la fragilità, per esempio: rispettare il limite dell’altro nella sua piccolezza, nella sua malattia, nel suo essere incapace di fare certe cose; vuol dire imperfezione. Nella famiglia si vive di imperfezioni, non di perfezioni. Se cerchi la perfezione, dopo due mesi entri in conflitto; perché non è possibile: non si può costruire secondo questo criterio. Il limite è il sapere che non puoi dominare l’altro. Tutto ciò che è umano non è senza limiti. Ciò che è umano è limitato per natura.
Noi però vogliamo considerare l’altra faccia di questa medaglia. Quando ci si educa al limite, all’accoglienza del limite dell’altro, dell’imperfezione, in realtà ci si rende conto che si apre uno spazio nuovo, che è quello della comunione. Perché, se io riconosco di avere determinati limiti e l’altro sa di avere i suoi, nel momento in cui ci avviciniamo noi sappiamo che possiamo creare qualcosa di nuovo. Nell’esperienza del limite, sappiamo che abbiamo bisogno dell’altro.
E questo lo s’impara soprattutto in famiglia. Impariamo che certe cose non le sappiamo fare e abbiamo bisogno di mamma e papà per arrivarci. Noi sappiamo che il limite è lo spazio per la comunione.
Io credo che la famiglia sia la grande celebrazione della bellezza dell’essere limitati. Noi dovremmo essere così: persone che, imparando a riconoscere la propria piccolezza, si aprono alla piccolezza dell’altro e insieme si aprono alla grandezza di Dio.
In questo cammino noi abbiamo un aiuto, abbiamo un sostegno: è Lui, il Signore Gesù, che ha condiviso la nostra piccolezza, è entrato in una famiglia, è diventato un bambino. E’ diventato piccolo, limitato. Nella famiglia di Nàzaret il Verbo impara cosa significa avere limiti; perché Lui non ne ha: è infinito. E invece sceglie di imparare il limite e vive quel limite come donazione, come apertura. E’ addirittura costretto a fuggire in Egitto, per l’ostilità del Re Erode.
Noi vogliamo in questa celebrazione ringraziare Dio perché ci ha dato questa possibilità. Nelle coppie, se uno di voi due fosse perfetto, l’altro sarebbe inutile. Se uno di voi due fosse senza nessun limite, senza nessun difetto, senza nessuna incapacità, l’altro non avrebbe nemmeno ragione di esistere. E’ grazie alla vostra imperfezione che voi potete amarvi. Per questo bisogna amare anche le caratteristiche dell’altro che a volte non piacciono, che ci sembra impossibile che non riesca mai a cambiare. Non è strano, è la normalità del nostro essere umani. Eppure, dentro questa realtà, c’è il grande gioco di un amore che si può costruire. Non lo si costruisce automaticamente, badate. Nessuna delle cose belle della vita succede e basta. Bisogna proprio volerla. Ma per volerla bisogna affidarsi alla Fede, che ci apre sempre nuovi spazi e ci consente di comprendere sempre qualcosa di nuovo di quell’amore e di quell’accoglienza e dono di se stessi.
La famiglia è la prima scuola della fede, è luogo per testimoniare la fede e con questa fede presentare il volto di Dio che è amore.
Il cammino è lungo, è faticoso, ma è necessario percorrerlo. Non lasciamoci accalappiare da ideologie anti familiari: tutti ci siamo dentro. Basta ascoltare i pesanti commenti che spesso vengono fatti dalle nostre famiglie su scelte che riguardano il cammino di fede dei nostri ragazzi…. Troppe famiglie sono assenti o delegano ad altri questo compito o lo considerano un affare privato. Senza la famiglia non si forma il futuro alla fede.
Stiamo stendendo il passaggio che riguarda la famiglia nel nostro progetto pastorale come comunità pastorale. Riflessioni magnifiche raccolte nelle nostre parrocchie che confermano quanto le nostre famiglie hanno bisogno di essere aiutate, sostenute, incoraggiate, accompagnate … la comunità cristiana deve rispondere a queste richieste. Tante nostre famiglie hanno bisogno di noi, non di beni economici, ma di fede, di amore. Non possiamo tenere chiuse le orecchie e il cuore.
Partiamo da questa festa della famiglia col desiderio, ma non solo, con la volontà di metterci insieme. E’ fondamentale, se non vogliamo vederci dominare da quel clima anti-familiare che sta prendendo piede in noi. Affidiamoci a Gesù insieme a Maria e Giuseppe: che la loro volontà e il loro amore rinnovino e rendano vera la nostra poca fede. Che non ci spaventiamo dei nostri limiti, della nostra durezza di cuore, ma che, perseverando nella preghiera, sappiamo lasciarci trasformare dalla forza di Dio, che può ogni cosa.