Domenica penultima dopo l’Epifania, detta "della divina clemenza"

Dice Sant’Agostino: "Uno ama quando si sente amato. Ora per questo io amo Dio, perché lui per primo ha amato me" .

Scoprire l'amore gratuito, fedele e misericordioso di Dio è la radice della fede.

Oggi il rito ambrosiano celebra la domenica della “divina clemenza”, proprio per ricordarci che, tra i grandi segni della manifestazione di Dio, che stiamo contemplando nel tempo dopo l’Epifania, c’è anche, e forse soprattutto, questo: Dio si manifesta come misericordia, come clemenza.

E’ strano questo nostro Dio: quando noi siamo nel peccato, infatti, vorremmo nasconderci da Lui, facciamo fatica a pregare, perché ci sembra che Lui non debba entrare dentro questa realtà, che non va bene. Invece Lui arriva, entra, ovunque, sempre. E se l’ accogli, ti accorgi che quell’incon-tro cambia tutto.

Il cuore più profondo di Dio è la sua misericordia e naturalmente vuole che questo cuore grande sia l'atteggiamento di ciascuno di noi: "Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso".

S. Paolo nella lettura a Timoteo dice il suo grazie al Signore perché lui da “un bestemmiatore, un persecutore e un violento" che era è stato scelto, è stato perdonato, è stato amato.

Anche i farisei del vangelo sono meravigliati di fronte al comportamento di Gesù: "Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?". Oggi Gesù è esplicito: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".

Il Vangelo ci presenta la chiamata di Matteo il pubblicano, il peccatore. Che idea aveva Matteo di sé? Non lo sappiamo, ma lo possiamo intuire dalla sua reazione: Matteo molla tutto e dà una festa straordinaria. Per il tipo di lavoro che svolgeva immagino l’inquietudine che Matteo aveva nel cuore. Quanta rabbia, quanta sofferenza. Eppure lo sguardo di Gesù ha aperto la diga del suo cuore. La nostra fragilità, il nostro peccato non sono sufficienti a tagliarci fuori, non bastano a scoraggiare Dio.

Dio non ci ama perché siamo buoni ma amandoci ci rende buoni.

Mi fanno sempre paura le persone che dicono di essere in ordine, che di male non ne fanno…… E’ un guaio il sentirci a posto. La perdita del senso del peccato ha procurato la perdita del senso di Dio: non si ha più nel cuore quell'arsura che ci permette di essere continuamente alla ricerca di Dio.

La chiesa è la comunità di quelli che, come Matteo, ha incontrato lo sguardo gonfio di tenerezza del Cristo e si è lasciata riconciliare. La chiesa non è la comunità dei perfetti, di quelli che non sbagliano, come alle volte alcuni vorrebbero. Non c'è nulla di più contrario al cristianesimo di una fredda perfezione. La chiesa è un popolo di perdonati, non di giusti! E perciò, proprio perché perdonati, la chiesa accoglie chi, nel suo cuore, riconosce di essere amato e perdonato e perciò fa festa.

Paolo si è sempre sentito perdonato, in ogni istante della sua esistenza. Così deve essere per il cristiano. Sapendo che l’Amore lo precede sempre. E che questo dono va detto e annunciato, portato. Come si fa a dire: “Grazie, Signore! Mi hai preso, salvato, perdonato!” e a continuare a guardare gli altri con indifferenza e disprezzo? Si può davvero essere perdonati e non darsi cura dell’altro?

Annunciamo ad ogni ammalato nel cuore che Lui, il Signore, è la nostra speranza. Questo è ciò che cambia la nostra vita. Questo è quanto ci fa servitori della vita: quella vera.