4 domenica di quaresima C

Nella quarta domenica di Quaresima il lungo brano del Vangelo presenta la guarigione operata da Gesù di un mendicante cieco dalla nascita.

Potremmo dividere questo lungo capitolo in tre parti: la prima è quella del miracolo di Gesù, dove il miracolo propriamente detto occupa in realtà solo un versetto che suona così: «Gesù disse al cielo: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe (che significa Inviato)”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva».

A questa brevissima descrizione del miracolo fanno seguito le lunghe discussioni e gli interrogatori al cieco guarito e ai suoi genitori da parte dei farisei. Viene sottolineata non tanto l’intervento di Gesù, bensì le discussioni che prendono inizio dal suo gesto.

La terza parte descrive quindi l’incontro di Gesù con il cieco nato e la discussione finale con alcuni farisei.

Troviamo un lungo percorso che porta alla conoscenza di Gesù. La nostra fede cristiana ha come oggetto non la potenza miracolosa, ma Gesù stesso.

E’ curiosa la descrizione che il cieco guarito fa del miracolo: “Lui mi ha posto del fango sugli occhi, io mi sono lavato e ci vedo”. Di per sé non è Gesù che fa il miracolo, ma il cieco. Determinante è stata la risposta di fiducia a quel “Va’ a lavarti!”.

Il Signore provoca: sporca quegli occhi già offuscati. Dio non guarisce, se non vogliamo essere guariti. Se non fosse andato alla piscina , sarebbe rimasto cieco.

Se pensiamo è assurdo quello che Gesù chiede al cieco: “Va’ alla piscina”. E’ pericoloso farlo camminare nel buio.

Lo chiede anche a noi: dobbiamo avere il coraggio di deciderci ad affrontare il buio che c’è introno a noi e che c’è dentro di noi. L’importante è non lasciarci paralizzare o scoraggiare dalla nostra cecità.

Occorre accettare la situazione per quello che è, alzare la testa, mettendosi a fare qualcosa. Siamo chiamati a fare quel passo nel buio verso la piscina, spinti dalla fiducia, dalla fede.

Questo uomo avvolto dalla oscurità rappresenta la nostra vita. Noi spesso non vediamo nessuna via di uscita dalle nostre situazioni, non sappiamo cosa fare, dove andare, restiamo li ad elemosinare qualcosa come quel cieco fuori dal tempio.

 

Quattro sono i passaggi che costruiscono un percorso di conversione:

Il fango posto sugli occhi vuol dire riconoscere la nostra fragilità, il nostro peccato, la nostra poca fede. Il fango sugli occhi significa: nella tua debolezza abbi fiducia in Dio che ti ama! Punto di partenza: il sentirci deboli e bisognosi di Lui.

Il lavarsi alla piscina e la conseguente apertura degli occhi, vuol dire cominciare ad aprirsi alla fede, guardare con gli occhi.

Il cieco, dopo aver recuperato la vista, si trova in mezzo ad una contestazione. Il cieco deve affrontare questa persecuzione, le tante difficoltà che gli vengono contrapposte (chi è costui che ti ha fatto questo? Perché lo ha fatto? Come mai l’ha fatto a te che sei un peccatore?, A che cosa serve?) è il momento della resistenza. Scegliere di essere cristiani non è di comodo, di interesse, di successo; è controcorrente, è una scelta di coraggio.

Il quarto momento del cammino del cieco è la fede piena che si esprime nella proclamazione “Credo Signore!” E’ quella pienezza di gioia e di luce che ci viene dall’affidare la nostra vita a Gesù, dal sentirci suoi, amati da lui, chiamati e mandati da lui per compiere grandi cose.

 

L'esperienza della fede è illuminazione interiore. A noi, solo, di non tenere gli occhi chiusi per ostinarci a dire: "è buio".

Il nostro Battesimo, ancora tutto da riscoprire, ci ha aperto gli occhi della fede. Usiamoli per rileggere la nostra vita con lo sguardo stesso di Dio.

Credere è un atto che nasce dall’amore, è un gesto di dono, è un buttarsi nelle mani di Dio.

Chiediamo al Signore di essere luce che propaga. Fuoco che scalda.