VEGLIA PASQUALE 2013

Stiamo vivendo questa Veglia Pasquale nell’anno della Fede e riti che stiamo vivendo costituiscono un cammino di fede attraverso il quale noi siamo diventati cristiani, cammino che ci dà la gioia di ripensare alla bellezza e alla fortuna di essere stati chiamati a vivere nell’amicizia con Cristo.

Ma, siamo fieri di essere cristiani?

Sant’Ignazio d’Antiochia diceva: “Non basta essere chiamati cristiani, ma bisogna esserlo davvero”.

In questo cammino che stiamo percorrendo abbiamo bisogno di giorno in giorno di approfondire la nostra amicizia con Cristo; ogni giorno ci è richiesta una nuova apertura del cuore, una continua conversione.

Questa notte attraverso questa “veglia pasquale”, possiamo sperimentare di nuovo “come si diventa cristiani”, come aderire maggiormente allo stile di vita proprio del cristiano.

All’inizio del nostro cammino cristiano c’è sempre Dio che ci chiama alla fede.

Mercoledì scorso, nella sua prima catechesi, Papa Francesco sottolineava che “Dio non ha aspettato che andassimo da Lui, ma è Lui che si è mosso verso di noi, senza calcoli, senza misure. Dio è così: Lui fa sempre il primo passo, Lui si muove verso di noi. E’ lui che ci chiama alla fede”.

E’ il Signore che ci viene incontro, ci cerca per primo e ci chiama per nome; viene a trovarci nelle nostre oscurità e fatiche per portarci alla luce. Con la liturgia della luce, nella prima parte della veglia pasquale, abbiamo voluto sottolineare proprio questo aspetto. Cristo, luce del mondo, è la luce anche per il nostro cammino. Cambia la nostra vita se è illuminata dalla fede in Cristo. Egli è Colui che le dà significato, perché la rischiara di nuova luce.

La fede richiede, però, una libera adesione. Dio chiede sempre la nostra libera adesione di fede, che poi si esprime nell’amore per Lui e per il prossimo. Se liberamente accogliamo l’invito di Gesù, che ci invita a diventare figli di Dio e accettiamo di seguirlo allora Egli ci ammaestra con la sua Parola.

Si diventa cristiani veri e seri nella misura in cui ascoltiamo la Sua parola e da essa ci lasciamo ammaestrare. Attraverso le letture della liturgia della Parola di questa notte, noi ricordiamo l’impegno di Dio nel costituire il suo popolo, la sua pazienza nel guidarlo, la sua tenacia nel proporgli un’alleanza d’amore, nonostante le sue infedeltà. E’ il cammino del popolo di Dio, il nostro cammino, fatto di fedeltà e di infedeltà; di fiducia e di incredulità, di luce e di tenebre.

Attraverso queste letture, il Signore ci ha preparato a vivere il mistero principale: la Pasqua del suo Figlio Gesù. Si tratta di immergerci anche noi nella morte di Cristo condividendo la sua passione, per vivere la vita risorta da Figli riconciliati col Padre.

Questa «esperienza pasquale» non è solo un rito.

Se la inseriamo, infatti, nella nostra storia di oggi, segnata da una profonda crisi, che non è solo economica; se l'accostiamo ai problemi della nostra gente, può diventare il segno di una strada di speranza. La Pasqua ci annuncia che, se è vero che il dolore e la morte sembra che strappino il tessuto della nostra storia, è anche certo che non è quella l’ultima parola. Oltre la morte, infatti, il Risorto sveglia la vita e apre «strade di speranza» dentro le nostre fatiche.

E’ questo l’augurio che ci rivolgiamo reciprocamente per questa Pasqua che il seme della speranza, inserito da Gesù nei solchi dei nostri passi, ci permetta di riconoscerlo nel nostro cammino quotidiano. Ripeto del parole di Papa Francesco che ha pronunciato domenica scorsa: “Non lasciamoci rubare la speranza che è in noi!”

Tra poco saremo invitati a rinnovare le promesse del nostro Battesimo. saremo invitati ad un nuovo pronunciamento per Dio. Non è sufficiente averlo fatto il giorno del nostro Battesimo, è necessario rinnovare il nostro impegno a credere e a rinunciare al male.

Dire “credo”, “rinunciare il male”… sono parole che chiedono responsabilità e serietà.

Spesso la superficialità, la sfiducia e la paura prendono il sopravvento. Anche le due donne che vanno al sepolcro, nonostante che Cristo fosse Risorto, sono prese dal timore, dalla paura. L’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura! Cristo è Risorto!”.

 

La storia di Cristo non è finita miseramente sulla croce, è una storia che comincia e che comincia con delle persone come noi, piene di difetti e di limiti come noi. Le donne timorose che vanno alla tomba ci assomigliano tanto.

Non c’è da stupirsi se l’annuncio della Risurrezione arriva a degli uomini e delle donne pieni di paura e di limiti. L’incredibile è che tale annuncio sia risuonato per tutta la terra attraverso questi uomini e queste donne e abbia potuto arrivare fino a noi.

Il vangelo di questa Notte è pertanto doppiamente gioioso, doppiamente pasquale: perché Cristo è risorto e perché la potenza della sua Risurrezione non si è fermata davanti alla povertà delle persone che ne hanno ricevuto l’annuncio.

Certo, Gesù si è anche arrabbiato con i suoi discepoli a causa della loro incredulità. Ma non è andato a cercarne altri, altri apostoli, altre donne, altri discepoli da quelli che aveva già. E’ con quelle persone lì che Cristo ha fatto la Chiesa, ed è attraverso di loro, attraverso delle persone come loro, anche attraverso di noi, che Gesù ha assicurato e assicura la sua presenza pasquale dovunque e fino alla fine dei tempi.

La certezza della presenza di Cristo vivo in mezzo a noi e che ci accompagna come un amico, elimina la paura che è in noi e ci rende “cristiani davvero”.