Terza domenica di quaresima A

Abbiamo letto nella prima lettura la seconda ascesa di Mosè sul monte Sinai. Le due tavole di pietra che portava, non erano le prime su cui il dito di Dio aveva inciso le dieci parole, quelle che noi chiamiamo "comandamenti".

Le prime tavole le aveva frantumate, come a dire che si era spezzata un’alleanza tra il Dio del monte e il suo popolo. Ora saliva e forse in cuor suo si chiedeva che cosa sarebbe stato delle nuove tavole: avrebbero resistito all’infedeltà del popolo. Penso che Mosè non ne fosse più così sicuro, dopo l’esperienza del vitello d’oro che il popolo si era fatto per adorarlo.

Eppure Dio proclama sul monte la sua identità attraverso quei quattro nomi che riaprono il cuore di Mosè alla fiducia. Il primo, "misericordioso"; il secondo "pietoso"; il terzo, "lento all’ira", … che sa sopportare; il quarto nome ricco "di tenerezza e di fedeltà".

Ai piedi del monte aveva avuto a che fare con l’idolatria, che consiste nel mettersi nelle mani di altri o di altro che non sia Dio. Ora s’incontra con un Dio misericordioso, che quando vede il pentimento dell’uomo apre il suo cuore al perdono.

Don Primo Mazzolari ai suoi parrocchiani spesso diceva: “Quando entrate in chiesa vi togliete il cappello, ma non vi togliete la testa". Togliersi la testa, concedendola ad altri, che non siano Dio, questa è pura idolatria. Il Card. Ratzinger diceva che “Quello che manca nella Chiesa sono uomini appassionati per la verità e che amino Dio più della comodità o della loro carriera".

E così arriviamo alla discussione di Gesù con il gruppo dirigente delle autorità religiose del suo tempo, cui abbiamo assistito nel racconto del vangelo di Giovanni: Gesù li vedeva schiavi dei loro sistemi, schiavi della loro carriera. E tentava di schiodarli con parole forti: “La verità" diceva loro "vi farà liberi".

La verità non è un prontuario di definizioni, un catechismo da mandare a memoria. Tutto questo anzi può condurci in schiavitù, schiavi dei nostri pensieri, dei nostri pregiudizi.

"La verità vi farà liberi", potremmo forse dire: la fede in Dio, la fede in Gesù, la fede in ciò che splende nella tua coscienza ti farà libero. Potremmo subito aggiungere: se la fede è vera, se la fedeltà alla propria coscienza è vera, produce libertà.

 

Nel racconto di Giovanni verifichino con tristezza come si possa diventare schiavi di una religione, una religione che rende immobili, che ripete nomi, ridotti a puro nome: si nomina Dio, ci si appella ai padri, si sbandierano tradizioni e appartenenze, e dietro non c’è che il vuoto, il vuoto della fede. Ci si dice discendenti di Abramo, figli di Dio, osservanti della Legge e si è paurosamente svuotata la forza per un cammino.

Si è fermi e vuoti, il cuore pesante, la mente chiusa, la vita ferma, quando invece la parola di Dio è spinta. Come erano spinta le dieci parole date da Dio sul monte. Date per non ritornare in schiavitù, ma per vivere nella libertà del cuore.

La Quaresima ambrosiana ci porta ogni anno questo dialogo di Gesù con coloro che si dicono religiosi e frequentano il tempio. Quasi a dirci che la tentazione dello svuotamento della fede in tradizioni e simboli che non hanno un seguito nella vita, e sempre ricorrente e in agguato.

Dice il Papa nell’esortazione Evangelii Gaudium: “Ci sono norme o precetti ecclesiali che possono essere stati molto efficaci in altre epoche, ma che non hanno più la stessa forza educativa come canali di vita. I precetti appesantiscono la vita dei fedeli e possono trasformare la religione in una schiavitù, quando «la misericordia di Dio ha voluto che fosse libera”.

Adriana Zarri, una studiosa di teologia, scriveva: “Noi diciamo: ’Crocifisso, crocifisso’ e nel contempo crocifiggiamo Cristo, presente nei fratelli, nei poveri, nei perseguitati e negli infelici. Faremmo meglio a preferire ai crocifissi di legno appesi alle pareti, i crocifissi di carne, che camminano per le nostre strade senza che noi li riconosciamo e li degniamo di uno sguardo".

Succede quando svuotiamo di sangue la fede, con l’esito di una religione immobile, che usa nomi di Dio, ma uccide Dio: "Voi" diceva Gesù "vi dite discendenza di Abramo, ma intanto cercate di uccidere me".