Discorso di fine Messa per il XXX anniversario

Ringrazio tutti voi presenti a questa celebrazione, i sacerdoti, il diacono don Matteo, i seminaristi. Ringrazio i miei famigliari con mia mamma… e domani è la festa della mamma, pertanto auguri a tutte le mamme.

Ringrazio i signori sindaci di Cavaria con Premezzo e di Oggiona con S. Stefano per le parole di augurio che mi hanno rivolto con loro sono riconoscente verso tutti i consiglieri comunali, verso la protezione civile e le proloco di entrambi i comuni, ringrazio i tanti amici che hanno voluto essere qui questa sera. Grazie anche a don Ivano Valagussa, prevosto e decano di Gallarate che, con me, festeggia pure lui 30 di ordinazione sacerdotale. Ma un grazie particolare lo voglio riservare alle nostre Suore e al Consiglio Pastorale della COPS con il comitato che da diverse settimane sta organizzando in tutti i particolari questa serata della riconoscenza.

Sono un po’ restio alle celebrazioni quando sono coinvolto in prima persona, preferisco organizzare le feste per altri, ma in questa ricorrenza del 30° anniversario della mia Ordinazione Sacerdotale il vero protagonista e la persona da festeggiare, non sono io, ma è il Signore Gesù che il 9 giugno di 30 anni fa, nel Duomo di Milano, per le mani dell’allora arcivescovo Card. Carlo Maria Martini ha avuto la bontà di chiamarmi a servirlo nella sua Chiesa come prete.

Fin dall’inizio del pontificato di Papa Francesco, sono stato molto colpito dal suo motto «Miserando atque eligendo», scelto per misericordia e dalla frase che spesso ripeteva: «Io sono un peccatore sul quale il Signore ha posato il Suo sguardo». Ecco, solo questo sguardo è per me la ragione per cui sto facendo questo cammino. Pertanto ciò per cui davvero dobbiamo festeggiare è la fedeltà del Signore che ha saputo fare della mia pochezza umana uno strumento prezioso nelle sue mani per l’annuncio del Vangelo. Da parte mia c’è stata solo una disponibilità a lasciarmi condurre, non senza resistenze e incertezze, ma il Signore è stato sempre più forte e ha saputo ogni volta prendermi e incoraggiarmi con il sostegno della sua grazia.

Che cosa ho ricevuto in questi anni? Due cose soprattutto: la gioia e la libertà.

Il prete “è l’unto con olio di gioia”, ci diceva lo scorso giovedì santo Papa Francesco. I tre Papi che mi hanno accompagnato in questi 30 anni mi hanno trasmesso il senso vero della gioia, la gioia del Vangelo, quella che si vive quando s’incontra Gesù. E con la gioia, dicevo, ho ricevuto il senso di una grande libertà: libertà di stare con tutti e di affrontare tutto senza dovere nulla a nessuno se non al Signore e al suo amore. Ho capito che cosa significhi e come sia possibile realizzare, in qualche modo, il motto paolino “farsi tutto a tutti, per condurre tutti a te Signore”, che ho scelto per la mia ordinazione sacerdotale. Si può essere tutto a tutti quando ci si sente liberi di farsi dono senza riserve e senza attendersi nulla in cambio.

Ma come è possibile custodire questa gioia, questa libertà?

Papa Francesco, sempre nella sua omelia del giovedì santo diceva che “la gioia che viene dal Signore è custodita dal gregge stesso che è affidato ai pastori. Anche nei momenti di tristezza, in cui tutto sembra oscurarsi il popolo di Dio è capace di custodire la gioia, è capace di proteggerti, di abbracciarti, di aiutarti ad aprire il cuore e ritrovare una gioia rinnovata”.

La ricchezza di un prete è la sua gente!

Io sono stato proprio fortunato in questo. Sia nei 9 anni a Milano Rogoredo, quando giovincello iniziavo ad imparare a fare il prete, sia negli altri 6 anni a Milano Bovisa e poi ancora in Africa, dove ho sperimentato la gioia missionaria e da ultimo in questi 5 anni con voi nelle quattro parrocchie della COPS ho sempre incontrato gente che, in diversi modi, ha costudito la mia gioia sacerdotale. Quando un prete è inviato in una comunità, sa che se ne dovrà fare carico e prendersene cura, ma ci mette poco a capire che è vero anche il contrario: è la gente che si prende cura di lui, che lo sorregge, lo sostiene, lo conforta, lo stimola, a volte lo rimprovera e lo sgrida, e lo costringe con amore a convertirsi e a cambiare.

         Stiamo ricordando questo mio anniversario sacerdotale nel contesto della tradizionale festa della riconoscenza.  Ed proprio con un grazie grande, grande che voglio concludere. Con il grazie al Signore per il dono della sua fedeltà voglio ringraziare tutti voi. Siete proprio tanti! Se il cammino che stiamo percorrendo sta portando qualche piccolo frutto è dovuto al tanto e al poco che ognuno di voi porta avanti: le commissioni pastorali; quelle oratoriane; quelle liturgiche con i lettori, le corali, i sacrestani, i ministri straordinari, i chierichetti; gli animatori dei gruppi di ascolto, i catechisti, gli educatori e gli animatori dei nostri oratori; la caritas, la commissione missionaria e i numerosi volontari che tengono vivi, belli e in ordine tutti i nostri ambienti; chi collabora gratuitamente nelle nostre scuole materne…. un grazie anche a chi non è qui, penso ai tanti ammalati e anziani delle nostre parrocchie sempre pronti ad offrire preghiere e sofferenze per i sacerdoti…

a tutti, proprio a tutti il mio grazie più sincero e l’augurio di non staccarci mai dallo sguardo del Signore, che è uno sguardo di amore e di misericordia.