III domenica DOPO PENTECOSTE “A”

Siamo alla III domenica dopo Pentecoste. Continuando ad approfondire il tema della creazione iniziato settimana scorsa, ci viene chiesto d’imparare ad amare il mondo come lo ama Dio, con la sua stessa passione. Ecco il compito e la missione che ci viene affidata.

L’evangelista Giovanni, nel brano evangelico proposto in questa liturgia, dice che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Fa riferimento al modo di amare proprio di Dio e che Gesù è venuto a dimostrare. Un amore che cerca il bene dell’altro anche quando costa e senza sottomettersi alla logica del contraccambio.

Il movimento dell’amore secondo Dio è quello del dare, non dell’avere. Il nostro Dio va continuamente verso l’altro, camminando verso lui. Mettendosi sulla sua lunghezza d’onda. Uno scrittore francese non credente usa un’immagine che descrive lo stile dell’amore secondo Dio: “Amico mio, non camminare davanti a me: non riuscirei a seguirti. Non camminare dietro di me: non riuscirei a guidarti. Cammina accanto a me e saremo sostegno l'uno per l'altro!” (Albert Camus).

Di questo amore di Dio ce ne parlava già nell’antico testamento. Il racconto della creazione che abbiamo letto parlava di questo amore speciale per l’uomo. E’ Dio stesso che lo plasma e col soffio del suo spirito trasmette l’alito di vita. E ancora, segno del suo amore tutta la creazione al centro della quale sta l’uomo come colui al quale è affidata la cura. Questo racconto sottolinea la responsabilità dell’uomo; egli viene creato affinché aiuti Dio nel conservare e custodire la creazione.

Sappiamo però purtroppo com’è andata a finire la vicenda. L’uomo non fidandosi di Dio e quindi non accettando il suo limite, si è dimostrato e si dimostra non corresponsabile, ma irresponsabile del fratello, e così facendo introduce nel mondo il mistero del male che la tradizione chiama peccato originale. Originale, nel senso che sta all’origine di ogni peccato, la volontà di prevaricare, di sottomettere, di spadroneggiare sulla vita, sulla natura, sui pensieri di Dio. Dimenticando che noi siamo e rimaniamo argilla, terra.

Noi siamo amministratori di quello che Dio ci ha dato e non proprietari.


Da questo peccato originale ci guarisce Dio. Lui Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannarlo, ma perché esso sia salvato per mezzo di Lui; Dio ha condiviso con l’uomo peccatore il suo destino. Si è fatto suo compagno di viaggio.

 “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. Tra Dio e il mondo, due realtà che si potrebbero ritenere lontane e diver­genti, questo versetto traccia un ponte su cui s’abbracciano finito e in­finito.

Se, dunque, Dio ha tanto amato, allora anche noi possiamo amare. O­gni mio gesto di cura, di tene­rezza, di amicizia porta in me la forza di Dio.  E se Dio ha tanto amato, e noi amiamo co­me Lui, allora ci impegniamo con Lui non tanto a salvare il mondo - Lui l'ha già salvato -, ma semplicemente ad amarlo. Ci impegniamo non per con­vertire le persone, ma per a­marle.

Se vogliamo uscire dalla notte, dalla notte delle nostre anime non ci resta che pregare perché ci sia una rinascita in noi come in Nicodemo. E dalla presunzione di sapere passiamo ad uno spirito umile di chi si lascia in continuazione plasmare dall’amore di Dio.