GIOVEDI' SANTO 2016

 

Abbiamo iniziato questa celebrazione con il rito della luce che ci ricorda le tenebre che avvolgono il cuore dell’uomo, oscurità che sono più evidenti in questi giorni segnati da azioni terroristiche che inquietano il cuore di ognuno di noi… oscurità, tenebre che vogliamo rischiarare con la luce della fede.

 

Nel popolo giudaico le celebrazioni pasquali facevano memoria della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto, il trionfo di un popolo, la vittoria sui nemici. Queste celebrazioni pasquali alimentavano la speranza, consolidavano le attese. Gesù quel giovedì sera nella celebrazione della sua Pasqua si distanzia da queste attese e lo fa facendosi dono e pronunciando con le parole sul pane e sul calice. Parla di un pane spezzato, di un sangue versato. La vera liberazione, la Pasqua è il passaggio alla libertà, libertà come disponibilità al servizio. Quella sera il Maestro laverà i piedi ai suoi apostoli.

 

Nella lavanda dei piedi troviamo il segno del grembiule e dei piedi.

 

Questo gesto del grembiule e del lavare i piedi prima d'essere per tutti noi discepoli del Signore un appello al servizio umile e fraterno è la rivelazione del volto di Dio. Questa sera noi conosciamo Dio non con gli abiti sontuosi del potere, ma con il grembiule per lavare i piedi, il grembiule della misericordia.

 

Dio è colui che si mette in ginocchio per lavare i piedi. Non una immagine faraonica ma quella di chi è venuto non per esser servito ma per servire e dare la sua vita per tutti.

 

Quanti uomini e donne che nei modi più diversi si cingono il grembiule e lavano i piedi mettendosi in ginocchio davanti ai loro fratelli e ai loro piedi spesso poco presentabili, questi lo sappiano o meno, agiscono come Dio agisce. Testimoni che esercitano concretamente le opere della misericordia di Dio.

 

Le ostie che consacreremo questa sera sono state confezionate nel carcere di Opera. Tre uomini carcerati ripetono ogni giorno gli stessi gesti: spalmano farina e amido sulla piastra calda, pressano, ricavano una grande ostia rotonda da cui ne ritagliano dieci più piccole, su ognuna l’impronta del Crocefisso. Con quelle mani un tempo sporche di sangue fanno il pane che diventerà corpo di Cristo e vogliono far arrivare a tutti il frutto della loro volontà di redenzione.

 

Con la misericordia di Dio simboleggiata dal grembiule, troviamo questa sera un secondo segno: la tavola della cena con il pane e il vino. L'altare è, con la sua bella tovaglia, tavola luogo di incontro della famiglia e di accoglienza degli ospiti, per il pasto. A questa tavola il Signore ci invita: Oggi, Figlio dell'Eterno, come amico al banchetto tuo stupendo mi accogli… (Una delle antifone ambrosiane che verrà eseguita dai coristi intorno all’altare). È bello sapere che Dio si rivela a noi con il segno della convivialità, con il segno del pane e del vino: corpo dato per noi, sangue sparso per noi e per tutti. Questi segni raccontano di un Dio che non è chiuso nel suo essere lontano da noi, ma è per noi e per tutti, un Dio dato per noi. E anche questo secondo segno rivela un altro tratto misericordioso del volto di Dio: noi lo vediamo in ogni condivisione, in ogni dedizione…

 

Ecco i segni di questa sera-grembiule, piedi, tavola, pane e vino troveranno domani la loro verità, il loro compimento: domani, quando le braccia saranno aperte sulla croce perché nessuno vada perduto, comprenderemo che cosa significa servire, che cosa significa dare il proprio corpo, versare il proprio sangue…

 

Un ultimo segno, questa sera. Anche questo davvero sconvolgente. In quest' ultima sera della sua vita Gesù è segnato dalla paura, anzi dall'angoscia fino a chiedere d'essere liberato dalla grande tribolazione della morte imminente: "Padre, se vuoi allontana da me questo calice." Il suo coraggio è segnato dall'angoscia, dalla paura fino al punto di chiedere ai suoi discepoli di stargli accanto per sostenerlo: "Restate qui e vegliate con me" (Mt 26,38).

 

Dietrich Bonhoeffer pastore della Chiesa luterana, un credente coraggioso che affrontò la morte per la sua partecipazione alla congiura contro Hitler, ha scritto parole profonde su questa implorazione di Gesù che chiede di non esser lasciato solo: "Non potete vegliare con me un'ora? L'uomo è chiamato a condividere la sofferenza di Dio…tutti vanno da Dio per essere consolati nel loro dolore ma i cristiani vanno da Dio anche per fargli compagnia nel suo dolore".

 

Questo nostro Dio che si è messo nelle nostre mani, in quella lontana sera si è messo nelle mani di Giuda che lo aveva venduto, di Pietro che lo rinnegava, degli altri discepoli che sarebbero fuggiti abbandonandolo. Proprio nelle mani di quei poveri uomini, così come oggi si mette nelle nostre mani, non sempre degne, non sempre affidabili. Ma mani che esprimono la volontà di stare con Lui di prenderlo per mano perché ci accompagni nel cammino della nostra vita e che la renda più vera e più bella al servizio dei nostri fratelli. Amen.