VIVIAMO IL PRESENTE CON SPERANZA - Pasqua 2017

Ogni epoca porta con sé il suo dolore, ogni cuore ha i suoi momenti per sanguinare, anche ai nostri tempi non mancano prove, sofferenze e persecuzioni. Ma noi non siamo fatti per la sofferenza. Nessuno di noi esiste per piangere, per soffrire. Quando siamo tristi ci sembra che la vita sia solo fatica, quando siamo contenti ci sembra al contrario che sia solo affascinante. Dobbiamo saper guardare oltre i nostri sentimenti e non fermarci soltanto alle sensazioni del momento. La vita non è una somma di “partico-lari”, ma è un “quadro d’insieme” che dà senso ad ogni parte. Lo sguardo ristretto è la causa della sfiducia. La verità sembra essere quella che proviamo in quel determinato istante, ma la sua conoscenza ha bisogno di sguardi “larghi”. Se io vivessi sempre e solo all’ombra del mio campanile e non vedessi nessuna foto o filmato, avrei l’impressione che tutto sia come le quattro strade del mio paese. Ma c’è un mondo ben più vasto che io non conosco e che devo vedere per poter capire la ricchezza che esiste e che è più grande dei miei occhi.

 

Ma da soli non possiamo conoscere l’«oltre», abbiamo bisogno di immagini, di conoscenze, per incontrare ciò che al nostro paese non vedremmo mai. Abbiamo bisogno di “altri”, abbiamo bisogno di aiuto. Dio ha voluto darcelo, questo aiuto, ci ha mandato dal cielo suo Figlio, ma non gli abbiamo creduto; non volevamo essere scombussolati nelle nostre idee, nei nostri stili di vita ed abbiamo pensato che lui sia venuto a “romperci le scatole”, a sconvolgere le nostre abitudini e l’abbiamo rifiutato: la croce ne è la testimonianza. Lui l’ha presa sulle sue spalle per aiutarci a prendere la “nostra” e per dirci che la vita è anche questo, ma che ha senso farlo perché c’è un “oltre”. Lui non è venuto per soffrire e morire, ma per farci capire che si può vincere la morte; è per questo che lui non l’ha rifiutata! Dice Benedetto XVI nella “Spe salvi” al n° 2 «Dobbiamo fare di tutto per superare la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità – semplicemente perché non possiamo scuoterci di dosso la nostra finitezza e perché nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male, della colpa che – lo vediamo – è continuamente fonte di sofferenza. Questo potrebbe realizzarlo solo Dio»; eppure anche oggi continuiamo a pensare che lui è incomprensibile e strano e, in modi diversi, continuiamo a mostrargli il nostro rifiuto o comunque le nostre indifferenze. Crediamo solo alle nostre sensazioni, non alla sua Parola ed assolutizziamo i nostri bisogni come se fossero gli unici ed irrinunciabili. Eppure c’è altro!

 

Ma come fare a rendere visibile quell’«oltre» che sfugge al nostro sguardo? Il profeta Geremia, uomo di grande fede ed umanità, incaricato da Dio ad annunciare le sofferenze che il suo popolo avrebbe provato con l’esilio babilonese, proprio mentre gli eserciti di Nabucodònosor stavano assediando Gerusalemme ha avuto il coraggio di dire: «Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese». (Ger 32, 15). Non c’è nessun dramma, nessuna strage, nessun dolore che arresta la vita, persino la croce non è riuscita a far tacere Dio. Eppure prevalgono le lamentele e lo scoraggiamento. Abbiamo sempre da ridire di tutto e di tutti. Stiamo vivendo un tempo di rassegnazione e stanchezza ed è sempre più invadente un clima di pessimismo e disfattismi diffusi, di inerzia e disamore.

 

Siamo malati di speranza perché non abbiamo occhi per vedere il futuro. Viviamo il venerdì santo senza gli occhi della Pasqua: vediamo tante croci, le nostre e quelle degli altri, e tiriamo subito conclusioni di fallimento. La risurrezione di Gesù, come l’Esodo degli Ebrei, può essere vissuta come il luogo della ricostruzione della speranza, luogo della promessa, che non viene meno, anche quando sotto gli occhi è il fallimento, e tutto sembra gridare solitudine e desolazione. Non attardiamoci nei lamenti, gettiamo semi, rendiamoci disponibili, guardiamo gli altri come fratelli non come ostacolo.

 

La Pasqua non è una semplice celebrazione, ma è la convinzione che il bene è sempre possibile e nessuna persona pur cattiva è così potente da poterlo bloccare. Certamente la croce ce la portiamo dietro. Il dolore fa parte della vita. Gesù non ci ha mai illuso dicendo che credere in lui è liberarsi della sofferenza. Ha invece affermato: «Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi». Ma questo non l’ha detto perché il cristianesimo è la religione della sofferenza ma, al contrario, è la fede in una forza che è più grande di ogni male. Dice ancora la Spe salvi al n° 2 «Il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova»; ed ancora al n° 7: «Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future».

 

È il mio augurio pasquale: «Viviamo il presente con ottimismo e speranza costruendo il futuro che Dio ci ha già garantito nella Resurrezione».

 

don Claudio