La parabola del buon Samaritano è una parabola ben conosciuta e non è certo il caso di tornare a spiegarla. Cerchiamo di sottolineare alcuni spunti, che possono servirci per la riflessione all’interno del cammino spirituale che la Parola ci propone.
Innanzitutto non ci viene donata per dirci che cosa dobbiamo fare noi, ma prima di tutto è riferita a Gesù Cristo. Questo Samaritano - che si china, che ha compassione, che si avvicina a quell’uomo ferito, se ne fa carico, paga di persona -, è da vedere in primo luogo l’immagine di ciò che Gesù fa per noi, per ciascuno di noi, per l’umanità intera. Lui è il vero, grande, buon Samaritano, che si avvicina all’uomo e lo cura, se ne fa carico; é Lui che paga per noi.
Siamo riportati al fondamento dell’indicazione di Gesù: “Va’ e anche tu fa’ così”. Il fondamento è che per poter essere persone compassionevoli, capaci di amare il prossimo, con la stessa intensità con cui ami Dio, bisogna avere coscienza di aver bisogno di lui.
1° passo: Saremo capaci di compiere le stesse azioni di Gesù, il buon Samaritano, nella misura in cui noi siamo consapevoli di essere stati nel bisogno, nella malattia e di aver ricevuto soccorso. Malato nell’anima s’intende: stiamo parlando di malattie profonde, di quell’egoismo che ti chiude, di quel non accorgersi mai di niente che esca dai confini dei tuoi interessi individuali. Bisogna imparare a lasciarsi curare, perché la nostra vita possa diventare una vita piena di compassione. Ora, imparare a lasciarsi curare significa innanzitutto riconoscere di essere bisognosi. E’ un passo fondamentale. Sono pochi coloro che capiscono di aver peccato, di essere malati nel profondo del cuore. Riconoscere quindi la durezza del cuore e che abbiamo bisogno di qualcun altro. Questo riconoscere il bisogno di un Dio che venga e ti salvi, ti curi e ti guarisca, è il primo vero passo verso la salute spirituale.
2° passo: è accettare di essere curati da Cristo. Quello che Cristo dà a ciascuno di noi è la Sua vita. Non solo paga per noi - nel senso che dà “qualcosa di Suo” -, ma dà Se Stesso per noi, in pagamento, perché noi possiamo tornare alla salute spirituale.
E anche questa non è una verità facile da accettare. Di fronte a un amore così grande, abbiamo paura di restare troppo coinvolti. Lui mi sta guarendo, attraverso il dono totale di Sé: amarLo dovrebbe essere la reazione spontanea. Invece no: preferiamo un rapporto “medico-paziente”. Dove puoi dire: “Grazie!” al tuo dottore e tutto finisce lì. Gesù chiede invece di amarlo.
Di fronte a Dio che dà Se Stesso per noi, l’unica risposta adeguata è amare a nostra volta, è lasciarci prendere il cuore. Ecco che cosa significa che Gesù dà la Sua vita per noi. Quello che il Signore fa è buttare dentro di noi il Suo modo di vivere, il Suo amore e coinvolgerci dentro questa realtà d’amore che si dona. E’ questo che ci cambia, perché siamo presi dentro la stessa modalità di amore di Dio.
- Riconoscersi bisognosi d’essere guariti e non sentirci arrivati!!!
- Accettare di essere curati e amati, sperimentare la compassione di Dio per noi.
Compassione è quella realtà che ci fa patire insieme all’altro -“con-patire” - e che ci fa “con-gioire”: essere in comunione con l’altro in modo così profondo che il suo dolore e anche la sua gioia diventano il nostro dolore e la nostra gioia.
Noi siamo chiamati ad essere compassionevoli. Non s’intende una forma di pietà artificiale, di senso di pena. Non è questo. Compassione è la capacità di patire insieme all’altro, di farsi carico dell’altro.
Noi dobbiamo diventare il luogo di passaggio dell’amore di Dio verso il nostro prossimo, perché quell’amore che ci è donato noi lo ridoniamo a nostra volta, ma arricchito dalla nostra capacità di compassione.
Da questa Eucarestia vogliamo partire con un desiderio nuovo, quello di farci curare da Dio e accogliere la Sua compassione per diventare a nostra volta compassionevoli, capaci di amare l’altro, di accoglierlo come persona, di vivere una relazione con lui che sia una relazione di amore sincero, rendendoci Segno, Presenza di quell’unico Amore, di quell’unica Carità, di quell’unica Compassione dell’unico, grande, buon Samaritano che è Cristo.