I Domenica di Avvento– Rito Ambrosiano

Le letture che ci vengono donate, in questa prima Domenica di Avvento, non sono certo leggere. Per interpretarle nella luce giusta, è bene tenere in considerazione il punto d’arrivo di queste letture: L’obiettivo infatti non è suscitare ansia, ma risvegliare la speranza.

Il vero messaggio che vogliono dare è: “Guardate: succederà di tutto, ma voi tenete fisso lo sguardo sull’unica cosa indispensabile, su Cristo. E, quando farete così, vi accorgerete che, qualunque cosa accada attorno a voi, a voi non succederà niente, nella profondità di ciò che siete, perché avrete un punto stabile. Resterà solo Cristo. Tutto il resto scomparirà. Quindi, sperate!”.

Il cammino dell’Avvento è questo tempo di speranza che ci ricorda la venuta del Signore. La Sua prima venuta - nel ricordo e nella memoria liturgica a Natale – ma, ancora più profondamente, il ritorno del Signore alla fine dei tempi.

Le letture ci parlano diffusamente di una terribile paura. Da che cosa dipende il terrore, che attraversa tanto la pagina di Vangelo – fino a dire che “gli uomini moriranno per la paura” - quanto la prima lettura, che evoca una devastazione globale - in cui “ogni cuore d’uomo viene meno”.

C’è la paura della morte, la paura della “fine del mondo”, c’è anche una terza paura, che riguarda solo i credenti. E’ la paura del giudizio. Il giorno del giudizio che cos’è? E’ il giorno nel quale ogni realtà, ogni intenzione, ogni azione sarà messa a nudo. Tutto ciò che siamo si vedrà - non ciò che abbiamo voluto sembrare! E già ci troviamo in difficoltà: provate a pensare a togliere tutte le nostre maschere, tutte le situazioni che abbiamo costruito per non fare brutte figure, le storie che raccontiamo per tenere pace. Togliete tutto. Resta solo quello che c’è davvero. E’ il giorno in cui saremo giudicati sull’amore. Sull’amore vissuto. Secondo quello che diceva Paolo: “Imitate Cristo, imitate Dio, che ci ha amato e ha dato se stesso per noi offrendosi in sacrificio”. Ciò che sarà chiesto è: hai amato così? “Fatevi imitatori di Dio e camminate nella carità”.

La paura deve essere sostituita da un sano timore. E quando parlo di “timore”, non intendo sempli-cemente un sinonimo ammorbidito di paura. Nella tradizione cristiana si parla di “timor di Dio”, che non significa paura di Dio. La “paura” è una realtà che ti chiude, non sai più cosa fare, non sai come agire, ti paralizza.

Il “timore” invece nasce da qualcosa che conosci:

noi conosciamo l’amore di Dio e quanto abbiamo dentro di noi. Il “Santo timore di Dio”: è un dono dello Spirito Santo. Il timore è qualcosa che non ti blocca, ma anzi ti mette in movimento. Perché ti rendi conto di quanto sei amato e di quanto poco sei capace di amare. Non ti blocchi, ma ti senti spronato, attirato ad andare avanti, a progredire. Il timore ti tiene sveglio, non ti permette di appisolarti, di accontentarti, di lasciare stare. Ti muove il cuore, ti consente di aprirti ad esperienze nuove, ad una vita nuova. A questo noi siamo invitati.

Ecco, queste letture, non devono farci paura; devono, se mai, far crescere in noi una forma di timore, che ci consente di metterci in cammino, di non accontentarci di dove siamo arrivati, ma di metterci in gioco sempre di più, perché l’amore che ci sta di fronte è infinitamente più grande. E quell’Amore ci chiama, ci trascina, ci invita. Perciò la conclusione del brano di Vangelo ci dice: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Perché finalmente sarà il momento nel quale ogni realtà negativa scomparirà e resterà solo l’Amore. Perché è l’Amore la terra salda su cui appoggiamo i piedi e ripartiamo.

“State attenti! State svegli! Non appisolatevi!”.

La paura non crea amore. Il timore ci fa alzare e camminare con fiducia.

Noi vogliamo chiedere in questa Eucaristia che il nostro cuore si svegli se si è appisolato e si sta accontentando senza far scattare dentro la voglia di camminare.

Con la sua prima venuta, il Santo Natale, Gesù ci ha aperto il “passaggio all’eterna salvezza” (prefazio). Verrà a noi nella gloria della fine dei tempi, ma Cristo viene a noi ogni giorno, viene in questa S. Messa, viene a noi attraverso le circostanze ed i rapporti quotidiani. Egli bussa alla porta del nostro cuore. La chiave per aprigli ce l’abbiamo: la nostra fede. Usiamola bene e subito.