Più che sulle letture, che pure toccheremo e vedremo in alcuni aspetti punto la mia attenzione su una parte della Liturgia, che normalmente è inserita nella nostra preghiera, e cioè sulle antifone che la attraversano: dopo il Vangelo e allo spezzare del pane.
Sono testi di preghiera che ci danno il tono di quello che dovremmo vivere la Liturgia. Spesso vengono sostituiti con dei canti, ma è bello ogni tanto leggerli e farne uso nella preghiera.
“Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente, per te esulterà di gioia”
L’antifona dopo il Vangelo ci indica il passo che ci viene chiesto: perseverare. Quando cominci a camminare, seguendo la voce che ti indica la direzione e ti dice di andare avanti e di fidarti, prosegui per un tratto, ma poi ti assalgono lo scoraggiamento, i dubbi, le delusioni. E ti verrebbe voglia di arrenderti. “Farsi cadere le braccia” rende bene l’idea di questo passaggio dall’operare al lasciare prevalere la stanchezza, per cui senti che non ce la fai più, te ne stai fermo e aspetti. L’invito accorato è: non farlo, “non lasciarti cadere le braccia!”, proprio adesso che sei verso la fine del percorso; non puoi lasciarti cadere le braccia adesso. Che senso ha? Magari abbiamo faticato tutta la prima parte di questo cammino e adesso, che finalmente si comincia ad arrivare verso la fine, ci si ferma.
E’ un errore che noi commettiamo spesso. Non è una realtà che riguarda solo il tempo d’Avvento; è molto più radicale.
Prendiamo tante iniziative e poche ne portiamo a termine, dal punto di vista spirituale. Iniziamo un determinato impegno di preghiera, un gesto di carità, un’accoglienza e lo perdiamo lungo il percorso: poco arriva in fondo.
La Parola di Dio, invece, ci invita con forza a resistere, a non demordere, a restare fissi in quello che abbiamo sentito risuonare dal Battista: “Lui è già qui!” Lui sta crescendo.
Lui è l’unico vero bene che cerchiamo.
Giovanni dice: io sono come l’amico dello sposo che sente finalmente la sua voce. Non è la sposa, certo, però esulta ugualmente di gioia, perché vede il suo migliore amico, che sta finalmente giungendo a coronare un percorso.
Sperimenti quella gioia che non è solo dell’uomo, ma è anche di Dio. L’antifona dice: “Il Signore è un salvatore potente, per te esulterà di gioia”. E’ un incontro di gioia da parte di Dio: Lui esulta di gioia. Lui è la fonte della gioia. E’ grazie al Suo canto che risuona il nostro. E’ grazie alla Sua gioia di venirci incontro che la nostra gioia diventa vera e piena e totale.
“Il Salvatore sta per venire
nello splendore della sua gloria:
teniamoci pronti ad accogliere il regno di Dio”
L’antifona allo spezzare del pane ci fa pensare all’annuncio di una sentinella notturna. Quando abbiamo cominciato a percepire l’avvicinarsi di Colui che attendiamo, in qualche modo la nostra preghiera diventa una specie di annuncio.
“Sta arrivando! Sveglia! Il Salvatore sta per venire nello splendore della gloria!”. L’annuncio è rivolto a noi, ma subito siamo noi stessi a proclamarlo.
Il nostro compito è dirlo: “Svegliatevi! Sta arrivando il Signore! Non è lontano da noi!”.
Noi siamo invitati a vivere quest’ultimo tratto di strada, nell’attesa del ritorno del Signore, con questo cuore, con questo desiderio, con questa gioia profonda. In realtà è la Sua gioia che entra dentro di noi, perché finalmente ci possiamo incontrare.