Dalla convenzione alla CONVINZIONE

Ho incontrato in queste ultime settimane tutti i ragazzi che nel prossimo mese di ottobre riceveranno il Sacramento della Cresima. Stanno frequentando la prima media. Per alcuni di loro si sta già facendo strada la pre-adolescenza, con tutte le problematiche che si porta dietro.  Questi momenti vissuti insieme mi hanno permesso di fare qualche riflessione.

 

Per un bambino piccolo seguire i propri genitori è naturale. Se sono cristiani fedeli, insieme vanno a Messa e quando è il momento lo mandano a catechismo, e il figlio cresce con delle solide fondamenta. Poi, arriva il “dopo Cresima: se frequenterà dei compagni che non vanno a Messa, che non fanno più o non hanno mai fatto la prima comunione, il bambino potrà cambiare e diventare 'curioso' di incredulità. Ma se è molto forte la radice cristiana che sta nel cuore dei genitori (o almeno di un genitore, per tanto tempo solitamente la mamma) il bambino che cresce non vi rinuncerà facilmente.

 

Se invece la vita cristiana è più di facciata che di sostanza e i genitori badano più alla tradizione che alla convinzione, il ragazzo che sta crescendo può porsi facilmente la domanda se la religione sia qualcosa di vero. Insomma per il bambino diventato ragazzo, con quasi nulla di cristiano alla base, è naturale staccarsi. A quel punto eccolo entrato in una zona fredda, di disinteresse verso Dio, una zona dove la religione c’era e si è perduta.

 

Come è triste e non per niente incoraggiante sentirsi dire a pochi mesi di distanza dalla cresima: “A me, non me ne frega proprio niente della cresima!!”, oppure “i miei genitori ne hanno piene le scatole del catechismo, dell’obbligo della Messa di domenica e dell’oratorio. Hanno altro da pensare!!!”.

 

L'impressione talvolta è che la vita cristiana sia una finzione. Gesù ha rimproverato fortemente gli "ipocriti", coloro che vivono recitando, che vivono ponendosi sul volto una maschera per nascondere il loro vero volto. Se una buona parte dei nostri ragazzi ragiona così, non ne hanno colpa loro. Hanno perso i punti di riferimento nella propria famiglia.

 

Mi sono chiesto: come può crescere un bambino senza alcun insegnamento religioso? Quando va a catechismo per forza e non vede l’ora di ricevere la cresima per potersene liberare, quando non va più a Messa, non riceve più la comunione … Può sembrare banale, ma mi chiedo: quanto le nostre famiglie sono veramente interessate alla salvezza dei propri figli? È preoccupante vedere che molti genitori cristiani non si prendono più cura del benessere spirituale dei propri figli.

 

Anche i genitori cosiddetti credenti hanno perso la capacità di comunicare la fede. Spesso non sono incisivi perché anche in loro la fede è in uno stato di dubbio perenne o si riduce a semplice abitudine.

 

Nessuna famiglia può essere cristiana, fino a quando Cristo non è invitato, ricevuto e messo al centro dei pensieri e delle attività della famiglia stessa. La famiglia cristiana è una famiglia dove Cristo è conosciuto, amato, servito, dove i figli ne vengono alla conoscenza per mezzo dei genitori. L’educazione cristiana in famiglia si realizza, anzitutto, attraverso la testimonianza di vita dei genitori nei confronti dei figli. Là dove si vive un vero stile di vita, la trasmissione della fede è assicurata, anche se i figli sono sottoposti a pressioni di segno opposto.

 

È la famiglia il primo soggetto dell’evangelizzazione. Sino ad ora nei nostri ambienti abbiamo portato avanti una pastorale di preparazione ai sacramenti, ma è davvero povera la pastorale della trasmissione e dell’educazione alla fede. Si sta come creando un fossato tra le generazioni. È difficile trasmettere non solo la fede ma anche la cultura e le stesse tradizioni. Dopo il Battesimo non si deve più interrompere l’incontro del bambino con la comunità. Più che preparare ai sacramenti bisogna appunto “iniziare” alla fede, ossia immergere il bambino nella vita della comunità e aiutarlo a progredire perché cresca “in sapienza, età e grazia”, come Gesù. In tale contesto diviene centrale il rapporto tra la famiglia e la Messa della domenica, tra la famiglia e la lettura della Bibbia, tra la famiglia e l’aiuto ai più poveri, alle famiglie più bisognose.

 

Tutto questo vuol dire fare le cose per convinzione e non per convenzione, per usanza, per tradizione.

 

Significa fare le cose perché ci si crede, perché ne siamo convinti, e non solo perché facendo determinate cose possiamo "apparire" (ecco l'ipocrisia!) davanti agli altri.

 

       Il nostro Arcivescovo venendo a trovarci lo scorso 24 gennaio ci consegnava questo impegno: «incontratevi nelle case dove si impara a conoscersi e ci si frequenta. Per incrementare il lavoro sulle famiglie, invitate in casa due o tre altre coppie e aprite un dialogo sui problemi e i bisogni di ciascuno a partire dal pensiero e dallo sguardo di Gesù». È bello trovarsi non solo per organizzare una gita, una festa, una vacanza … ma anche per confrontarsi sulla propria fede, per arricchirsi vicendevolmente e rendersi testimoni credibili verso i propri figli. Nella nostra comunità pastorale esiste un bel gruppo di famiglie che s’incontrano regolarmente, ma come sarebbe bello vederne altre che si appassionano per la fede in Gesù e si preoccupano di farla conoscere ai propri figli.

 

       Non esistono altre vie! Solo una famiglia “convinta” potrà trasmettere il calore della fede, la gioia del Vangelo. Viviamo nel tempo delle scelte, il tempo in cui scegliere le priorità. Il futuro dei vostri figli ha bisogno di scelte che dichiarino che cosa è più importante.

 

Chiediamo allo Spirito di Dio di sanare le nostre famiglie dalla radice, di farci sperimentare la gioia di vivere in una famiglia cristiana capace di trasmettere con la vita la propria fede in Gesù.

 

 

 

don Claudio