È iniziato il mese di ottobre legato al tema missionario, vogliamo viverlo leggendo insieme il
Messaggio che Papa Francesco ha scritto per la giornata missionaria mondiale tenendo vicino l’Esortazione “Evangelii Gaudium”.
Il dinamismo dell'uscita
Il Papa sottolinea che la “Chiesa è missionaria per natura; se non lo fosse, non sarebbe più la Chiesa di Cristo, ma un’associazione tra molte altre, che ben
presto finirebbe con l’esaurire il proprio scopo e scomparire”. È un concetto questo che emerge chiaramente
dal Concilio Vaticano II poi ribadito dai papi postconciliari. I cristiani non credono solo per sé stessi: «Ho fede, quindi sono salvato cioè sono nel giusto, sono bravo, sono contento, sono
aiutato da Dio…», ma perché amano gli altri, tutti però, nessuno escluso. Il discepolo è colui che conosce il Vangelo, lo fa suo, gli entra dentro, in profondità, si lascia cambiare la vita e
trova nel Cristo una fonte meravigliosa di gioia che è più grande delle sofferenze quotidiane (che pur ci sono e, alle volte, con abbondanza), per lui la parola di Dio è fonte di gioia. Ma il
discepolo è colui che sa amare e quindi ha voglia di donare agli altri la gioia che lui stesso ha conosciuto. Se non comunichiamo il Vangelo, i casi sono due: o non crediamo che questo sia bello
e fondamentale per la riuscita della persona, o non amiamo. In altre parole, noi viviamo per gli altri, ascoltiamo il papa: “La
missione della Chiesa è animata da una spiritualità di continuo esodo. Si tratta di «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della
luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 20).
La missione della Chiesa stimola
un atteggiamento di continuo pellegrinaggio attraverso i vari deserti della vita, attraverso le varie esperienze di fame e sete di verità e di giustizia.”. Forse ci sentiamo spiazzati sia perché viviamo in un tempo dove si sottolinea in particolare il bisogno e la
comodità personale, sia per il ritmo di vita incalzante e, presi tra lavoro e famiglia, è spontaneo dire: «Lasciateci tranquilli, abbiamo bisogno di privacy!». Sono certamente importanti i tempi
di riposo (guai a rinunciarci, pena tensioni relazionali, irascibilità e salute) ma ciò che ci chiede il Papa non è un surplus di cose da fare ma un atteggiamento da avere. Amare non deve mai
essere un dovere "obbligato" ma sempre un bisogno spontaneo che chiede magari fatica ma che trova la sua spinta nella bellezza di ciò che si dona (una mamma non ama suo figlio perché si sente
obbligata). Riascoltiamo l' Evangelii gaudium: «Osiamo un po’ di più prendere l’iniziativa!... La
comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana,
toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo» (n. 24). Non si tratta di fare tante cose e dedicare tanto tempo, ma cambiare mentalità su cosa, sul come e sul perché lo facciamo. È uno stile di vita che va assimilato, e che implica un cuore nuovo che dona
attenzione, è sensibile ai problemi e, se necessario, dona anche parte del proprio tempo.
La necessità della conversione
Questo ci obbliga ad interrogarci e quindi a convertirci: è quello che ci dice il papa che ci
invita a cambiare orizzonti e motivazioni affinché la nostra missionarietà metta al primo posto, più che le verità di fede, il modo di vivere la fede. Siamo invitati a rinnovarci e ad uscire da
ogni chiusura ed egoismo. Il Papa non chiede solo a qualcuno di uscire verso le periferie, ma a tutti. La missione non è
necessariamente geografica (andare in Africa), ma un cambiamento dello sguardo verso gli altri vicini o lontani, buoni o cattivi: tutti hanno diritto a incontrare la gioia che sorge dal Vangelo.
È urgente scoprire quanto la parola di Gesù è importante per la nostra vita, allora sentiremo il desiderio di condividerla. Il mondo ha bisogno di una nuova evangelizzazione perché ha bisogno di
conoscere la gioia che Cristo vuole portare alla vita umana. Dobbiamo tutti (preti e laici) cambiare lo stile comunicativo utilizzando parole che possano essere capite da tutto il nostro mondo,
non dobbiamo utilizzare linguaggi che comprendiamo solo noi!
Siamo missionari "insieme", non liberi
battitori
Questo stile non deve però essere di pochi ma di tutti noi e non fatto solo singolarmente ma
insieme: la Chiesa è un popolo non una somma anonima di singoli. Fin dagli Atti degli Apostoli, i credenti sono riuniti in comunità che poi hanno dato vita alle parrocchie; queste sono sempre
state pensate come manifestazione concreta dell’unica Chiesa in un luogo del mondo: il Papa dice che la «parrocchia non è una struttura caduca», ma «non sia l’unica
istituzione evangelizzatrice… stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a sé
stessi.». Tutti noi siamo richiamati dal papa ad «abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”».
Dice: «Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini
senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia» (EG.33). La parrocchia è variegata: ci sono gli "impegnati" (i cosiddetti collaboratori), i "frequentanti"
(quelli che vanno a messa quasi sempre) e i "non (o poco) praticanti" (quelli che hanno una presenza saltuaria in parrocchia
e alla messa). Tutti dovrebbero sentirsi coinvolti anche se in gradi diversi. Facendo attenzione a «rallentare il passo, mettere
da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare» (EG n. 46).
Facciamo missione ispirandoci a
Maria, Madre dell’evangelizzazione. Ella, mossa dallo Spirito, accolse il Verbo della vita nella profondità della sua umile fede. Ci aiuti la Vergine a dire il nostro “sì” nell’urgenza di far
risuonare la Buona Notizia di Gesù nel nostro tempo; ci ottenga un nuovo ardore di risorti per portare a tutti il Vangelo della vita che vince la morte; interceda per noi affinché possiamo
acquistare la santa audacia di cercare nuove strade perché giunga a tutti il dono della salvezza.
don Claudio